Libro: “America non torna più” di Giulio Perrone

“Due giorni a Napoli mi insegnarono che non esiste via di fuga possibile della proprio vita.”

AMERICA NON TORNA PIU’ è l’ultimo libro di Giulio Perrone, edizioni HarperCollins. L’autore ripercorre la sua giovinezza e il rapporto con suo padre, mancato per una malattia incurabile all’età di 56 anni. Quanto sia complesso il rapporto padre/figlio lo si comprende subito dalla prime righe. L’amore che li lega è viscerale ma è silenzioso, si esprime più attraverso codici che vere e proprio parole di tenerezza.

Uno dei codici utilizzati tra uomini è quello del calcio, il “campo” neutro dove ci si può esprimere anche mostrando vulnerabilità e commozioni che in altri frangenti sono socialmente preclusi ai maschi. Padre e figlio si ritrovano così:

“La Roma come ago perfetto dei nostri stati d’animo. Un filo che non si è mai spezzato, neanche negli anni in cui eravamo più distanti”

Giulio è figlio unico e le aspettative della famiglia lo sommergono, in particolare quelle del padre spesso bloccano quelle che sono le sue vere attitudini. L’adolescenza così diventa scontro. Il cammino verso l’età adulta che quasi per tutti porta ad una ricomposizione dei rapporti in questo caso si spezza. La malattia porta via il padre di Giulio nel giro di qualche mese e saranno propri questi mesi il nucleo centrale del libro.

La MORTE è un momento della vita che non sappiamo più affrontare, non abbiamo oggi le capacità, la pazienza, gli strumenti emotivi per comprenderla. Siamo costantemente catapultati in vortici vitali che escludono qualsiasi riferimento alla morte e quando ce la ritroviamo davanti non sappiamo cosa fare, così ognuno ci si arrangia come si può.
La rabbia e la voglia di fuggire che Giulio prova e descrive benissimo sono costanti in chi ha avuto la sventura di avere una persona cara che viene a mancare per una malattia incurabile. L’esasperazione, anche fisica, che si accompagna all’inutilità di qualsiasi gesto possibile diventano compagne con le quali percorrere l’ultimo pezzo di strada di vita del padre. Il pudore tra loro impedisce il resto.

E’ stato profondamente commovente leggere “America non torna più”, in diversi tratti anche divertente, in particolare quando si ritrovano le storie di un gruppo di ragazzi romani a cavallo degli anni “60 e “70 che riescono anche a vedere il mitico concerto dei Beatles del 1965 nella capitale.

Una storia di amicizie e di amori veri, di scontri e di riappacificazioni, di parole non dette che finalmente hanno trovato una loro via.
Una storia d’amore di un figlio verso il proprio padre.

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Libro: “Maria. Nata per la libertà” di Amalia Frontali

Avevo Due Paure,

La prima era quella di uccidere

La seconda era quella di morire.

( Giuseppe Colzani)

Apro con questi versi meravigliosi di Giuseppe Colzani, partigiano dell’Ospedale Niguarda, che in pochi versi riesce a cogliere tutto l’orrore e la profonda ferita che la guerra civile italiana ha portato negli animi delle persone.

Anche il libro di Amalia Frontali sceglie questi versi per iniziare il racconto di Maria Peron, infermiera milanese di Niguarda, datasi alla macchia nel 1944 per sfuggire all’arresto e riparata in Val d’Ossola dove cura e presta aiuto alle brigate partigiane di montagna.

Ho sentito parlare di questo libro da un’amica che però, non avendolo ancora letto, non sapeva darmi ragguagli. Ho accolto quindi il consiglio di seconda mano e sono andata a sbirciare le prime pagine. Sono rimasta letteralmente incollata alla storia. Maria dalle prime righe mi ha preso per mano e trascinato con lei dal ciglio in un cornicione dell’ospedale milanese dove lavorava fino agli scalcagnati sedili di legno della terza classe di un treno per le valle e poi su di corsa verso le montagne della Val d’Ossola.
Sono sincera pensavo all’inizio ad un romanzo ma, man a mano, che mi addentravo nella lettura ho capito che Maria è, anzi è stata, davvero una partigiana e che ha prestato servizio presso la 85ª Brigata Garibaldi “Valgrande Martire”.
Sul web e nella dettagliata bibliografia, così come nelle note, ci sono tutti i riferimenti necessari per comprendere e approfondire. Sul web ci sono delle foto di Maria e Laurenti veramente bellissime.

Uno dei capitoli si intitola “Da che parte stare” e credo che l’autrice sia riuscita a restituire in maniera  profonda la crisi delle coscienze che colpiva chi per liberarsi dal nemico, i tedeschi, e dagli oppressori fascisti, era costretto a sparare. La guerra civile è di tutte le guerre la forma più insensata, quella che oltre le ferite, i morti, le atrocità si porta dietro anche la violenza verso i propri fratelli, conoscenti e concittadini. C’è stato un momento nel quale gli italiani hanno dovuto scegliere da che parte stare. I ribelli del nord contro il fascismo hanno scelto di essere partigiani ed è grazie a loro, alle loro battaglie, al loro coraggio che il nostro paese è stato liberato dai fascisti e da nazisti. Mentre le forze alleate risalivano la penisola, dalle montagne, da qualsiasi tipo di rifugio possibile, i partigiani sfiancavano e combattevano il nemico.

Maria è infermiera, Maria non spara, non vuol sparare ma la guerra non fa sconti a nessuno ed è grazie all’aiuto di Laurenti che riesce a fuggire da una ronda fascista dalla quale era stata riconosciuta. Sulla sua testa pendeva una taglia, come infermiera era considerata anche più preziosa di un capo partigiano. Lei era capace di curare e assistere i feriti e i malati, all’occorrenza anche di procedere a operazioni chirurgiche d’urgenza.
Vi sorprenderà la tempra di questa donna, il coraggio, la resistenza fisica che probabilmente neanche lei sapeva di avere, la capacità organizzativa. Un’infermeria su un alpeggio in assoluta emergenza che riesce a curare persone non è cosa da poco.

Non vi dico di più perché vorrei che leggeste il libro. Maria vi sorprenderà e l’amerete sin dalle prime righe. Ho avuto un debole per questa ragazza (nel 1944 aveva 30 anni ed era già considerata donna adulta) , in gran forma fisica ( che meraviglia finalmente una protagonista che non sia filiforme) che nonostante tutto sceglie la sua strada e cerca nel bene, nel male di percorrerla. Maturerà molto Maria, troverà l’amore e ce la farà ad andare avanti.
Vorrei tanto che la sua lezione di vita potesse arrivare a tutti coloro che non sanno o non vogliono sapere cosa sia stato il fascismo nel nostro paese. Vorrei che la scelta di Maria fosse d’esempio. Ancora oggi ci troviamo a combattere contro violenze che si ispirano al fascismo e ancora oggi dobbiamo, ahimè, continuare a fare la scelta di essere dall’altra parte, la parte della libertà e del rispetto di tutti.
Buona Lettura

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Progetto Invisibili 2021: C’ero anch’io su quel treno di Giovanni Rinaldi

La guerra. Quella vera. Quella che porta la morte, la fame, la disperazione. Quella che lascia annichiliti, annientati. La seconda guerra mondiale che ha devastato l’Europa è stato questo. E nonostante la nostra percezione sembri relegare questo evento lontano nella storia, i fatti risalgono a circa 70 anni fa. Tante persone che l’hanno vissuta sulla proprio pelle sono oggi nostri nonni e a saperli ascoltare avrebbero tanto da raccontare.

Giovanni Rinaldi l’ha fatto. Ha iniziato venti anni fa a porgere orecchio e attenzione alle persone, proprio in un tempo dove l’interesse di tutti iniziava a essere calamitato sugli schermi dei cellulari piuttosto che sulle facce della gente.

Con la tempra e il talento dello storico, ha riscostruito tassello dopo tassello la vicenda dei “treni della felicità” , un movimento sociale che ha percorso tutta la nostra penisola. Partito dall’idea di Teresa Noce a Milano e poi presa in prestito dalla donne dell’UDI, Unione Donne italiane, si diffonde in tutta Italia. I bambini delle zone più martoriate dalla guerra o dalla grave crisi economica e sociale che ne è derivata partono e sono ospitati da famiglie “accoglienti” che per qualche tempo riescono a dare loro un tetto caldo, da mangiare in maniera costante e anche istruzione dove possibile.

Il partito Comunista, anzi per dirla meglio, le DONNE del Partito si spesero in un’impresa che anche vista con gli occhi odierni ha del portento, vi lascio immaginare cosa sia potuto essere nell’immediato dopoguerra. Eppure ci sono riuscite e questa impresa ha dato una visione di futuro a migliaia di bambini che speranze ne avevano conosciute veramente poche. La smobilitazione del nostro paese è passata anche attraverso questa impresa e credo sia cosa non da poco.
Poi trascorsi pochi anni dal 1945 e con l’inizio di sembianze di normalità per l’Italia, dei “treni dei bambini” non si parlò più. La polvere iniziò a coprire i pudori di chi fu accolto e strappato dalla miseria e di coloro che accolsero con solidarietà e spirito di fratellanza. Il tempo fece il resto.

La caparbietà di Giovanni unita alla pazienza di tessere insieme notizie, testimonianze sparse, lavori e ricerche solitarie ha fatto sì che persone che avevano vissuto questa esperienza potessero ritrovarsi, ringraziarsi e ancora una volta abbracciarsi.

Le loro testimonianze sono parte della storia del nostro paese e nel libro troverete voci e racconti di vita emozionanti e teneri, feroci e intensi.

E’ da leggere il libro di Giovanni per tanti motivi, ma soprattutto perché apre una finestra su persone che fecero del bene ad altri semplicemente perché era giusto farlo e perché credevano in un ideale che sentivano parte fondante della loro vita che era quello della “comunità aperta che condivide tutto, dove ciascuno può essere e dare il meglio per il bene comune“.
E’ un’utopia?
Forse. Eppure leggendo il libro di Giovanni si comprende che tutto ciò, senza grande rumore, è già avvenuto.
E se è già successo, accadrà di nuovo e accade anche oggi. In silenzio migliaia di persone fanno del bene agli altri, ospitano, danno lavoro o semplicemente offrono sorrisi e ascolto. Solidarietà e unione tra persone non sono utopie, sono modi di essere.

Buona lettura, anzi buona immersione nella bella Italia che Giovanni Rinaldi ha saputo scoprire e descrivere. Un saggio, il suo, più bello e emozionante di un romanzo, la realtà più sorprendente di qualsiasi fiction.

Qui a questo link potete rivedere l’incontro con l’autore del 30 Settembre 2021. Non ve lo perdete, Giovanni è anche un grande conversatore.

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Libri: SENZA ADULTI di Gustavo Zagrebelsky

Oggi, in occidente, essere vecchi è una disgrazia.

Invecchiare è accettabile solo “se lo si fa bene”, cioè se il nostro aspetto si mantiene giovane.
Quindi vietato ingrassare, avere capelli bianchi, rughe e rotondità varie. Fare sport, camminare, viaggiare all’avventura, abiti sbarazzini. E per chi può permetterselo: sedute estetiche, anche chirurgiche, alimentazioni vegane, integratori all’avanguardia di vitamine e minerali di cui mai si è sentito parlare in precedenza. Oggi noi siamo questo e chi è non si adegua è semplicemente fuori contesto, fuori tempo.

Il saggio del Professor Gustavo Zagrebelsky esamina da un punto di vista sociologico questa tendenza occidentale (nel secondo, terzo e quarto mondo diventare vecchi è ancora un privilegio) e espone l’importanza di vivere ogni fase della vita nella pienezza del momento. Non si può essere sempre giovani per svariati motivi, non ultimo il fatto che è impossibile, se non un inganno, fisico e  inoltre la ricerca della felicità passa proprio attraverso l’accettazione piena di ogni momento del vivere.
Essere sempre giovani non è un vantaggio alla lunga. Non si può sempre essere alla ricerca di sè, alla ricerca di progetti da realizzare, di personalità da creare. Ad un certo punto è necessario tirare le somme e godere dei frutti di ciò che si è fatto, portando nella società anche la propria esperienza e allo stesso tempo lasciando spazio a chi è arrivato dopo. La felicità, la ricerca della felicità è nel percorrere ogni passo della vita e vivere appieno ciò che offre, ascoltando anche il nostro ritmo fisiologico.

Il capitolo del libro che più mi ha colpito è:

  • SEMPRE GIOVANI E IMPROVVISAMENTE VECCHI – 
    Guardiamoci attorno. Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, dall’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov’è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore?

Buona lettura

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Libri: La morale del centrino di Alberto Milazzo

Se avete una madre … questo libro è perfetto per voi.

Con questa premessa, il libro ha una platea di tot miliardi di persone. In realtà, il sottotitolo specifica che la mamma in questione deve essere siciliana, ma vi assicuro che qualsiasi tipo di madre va bene.

Ironico e serio, profondo e leggero allo stesso tempo, “La morale del centrino” affronta il tema dell’affrancamento dalla proprio genitrice e di tutte le strategie, lecite o meno, messe a punto dalle madri per far sì che il figlio ( e vale per tutti i figli ) resti in qualche modo ancorato alla sfera o bolla familiare entro la quale si nasce. Le mamme siciliane adottano la strategia dell’infelicità e Manon, la mamma della voce narrante, è la regina, anzi l’imperatrice, del metodo. E funziona. Benissimo.

La storia di questo giovane uomo che vuole essere accettato e amato per quello che è , che incredibilmente crede nella felicità mi ha commosso e fatto sbellicare dalle risate.

Non ho una mamma siciliana, ma ho una mamma e una suocera, sorelle madri, amiche madri di figli, di pelosi e di progetti e in ciascuna c’è un carattere di Manon. Per fortuna mia non tutti insieme in una persona.

Dal libro: … Siccome papà stava male, era consigliabile ceh io smettessi di essere gay. La sua salute precaria era più che sufficiente a soddisfare l’equazione secondo cui la felicità della famiglia è data dalle medie infelicità dei suoi singoli componenti. Sarebbe stato immorale e illogico gravare ulteriormente Manon con le mie scelte di vita. Finchè papà stava male , avrei fatto il favore di non essere sempre lo stesso. Cioè dovevo essere etero, almeno per la durata della sua malattia: si trattava di matematica spicciola, di economia domestica, di ragionerai di base.
Facile, no?

Buona lettura

p.s. Dal libro è stata tratta una pièce teatrale in tournée questo autunno.

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Progetto Invisibili 2021: IL COLORE DEL NOME di Vittorio Longhi

 … al nome non puoi sfuggire, è inciso come un marchio a fuoco sulla pelle, un segno che non hai scelto e che forse neanche vorresti.

“Il Colore del nome” (2021, edizioni Solferino) di Vittorio Longhi è insieme una storia privata e pubblica. L’autore, attraverso la ricerca delle proprie radici, ci racconta le tappe della “dimenticata” storia coloniale italiana, del razzismo di ieri e di oggi e di identità negate.

In Eritrea, ex colonia italiana, oggi vivono i discedenti nati dalle unioni di italiani con giovani donne eritree. Persone che sentono forti le radici italiani e che vorrebbero veder riconosciuta compiutamente la loro idendità con la cittadinanza italiana. Purtroppo non potendo provare la discedenza italiana, così come prevede la legge attuale, non ne hanno diritto e , nonostante reiterate richieste alle autorità italiane, al momento, non hanno ancora trovato ascolto. Vittorio Longhi con il suo libro offre loro una voce ed è necessario ascoltarla. Quel pezzo di storia italiana non è un passato glorioso di cui fregiarsi, sia chiaro, e la “dimenticanza” nel quale è avvolto non è un caso. Con la fine del fascismo che travolse l’Italia lasciando un paese distrutto e devastato, era necessario tagliare quanto più possibile i ponti e soprattutto le “colpe” del passato per poter trovare, in una sorta di nemesi collettiva  al contrario, la strada per la ricostruzione e la pacificazione del paese. Quindi tutto ciò che appartiene alle colonie, anche le persone, vengono avvolte da una nebbia che ancora le avvolge.
Eppure oggi più che mai, nel nostro paese, abbiamo bisogno di riconciliarci con quel momento storico, abbiamo bisogno finalmente di riconoscere colpe e responsabilità, e sopratutto cercare il modo, un modo, per poter andare avanti con la storia avendo consapevolezza di quanto accaduto e di come questo abbia influenzato quello che oggi avviene attraverso le migrazioni che solcano il Mediterraneo.

Questo libro illumina un pezzo di strada che dobbiamo percorrere. Quel razzismo istituzionale nel quale viviamo e che ci coinvolge, è qualcosa di cui dobbiamo liberarci. E’ necessario “decolonizzare il discorso politico verso i sud del mondo” cito letteralmente l’autore e per poter affrontare questo muro che abbiamo eretto e riuscire a pensare ad un futuro che tenga conto di tutte e di tutti.

Ma è anche altro. E’ anche la storia di donne forti che attravesano confini, non solo geografici, e che riescono con la forza e l’eroismo quotidiano a dare futuro.
E’ un libro femminista scritto da un uomo, cosa non semplice e che non avviene sovente. Inoltre, non ultimo, è anche un racconto d’amore e di passione. Proprio per questo può essere letto sia come un romanzo, sia come un saggio, ma comunque qualsiasi opzione si scelga è un libro che merita di essere letto.

E’ un viaggio che dobbiamo percorrere per capire che paese è stato ed è oggi l’Italia e cosa vuole e può diventare.

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Libri: LUOGHI COMUNI di Francesca Tamani

Avvertenze ai lettori: LASCIATEVI CONTAGIARE.

Quando ho letto questa frase nel libro di Francesca Tamani mi sono sentita sollevata. Era da tanto che non leggevo  la parola contagiare utilizzata in un’accezione positiva. Da qualche tempo a questa parte il contagio ha ben altre cartteristiche che dominano nella quotidianetà e forse per questo ho iniziato a leggerlo subito e ho divorato le 10 storie che lo compongono.

Storie di donne, di rinascita, di vie d’uscita, talvolta amare, ma che sfatano tutte i nostri “luoghi comuni”, quei modi di intendere la vita che possono trasformarsi in prigione, seppur comoda, seppur trasparente, ma prigione.

Le donne che corrono attraverso le storie sono “donne comuni”, i sentimenti, le ansie, le fatiche sono comuni eppure ciascuna ha una scintilla di straordinarietà. Francesca Tamani con occhio attento è riuscita a trovare quella luce che illumina ogni persona e ce l’ha restituita su carta, accompagnando le parole con aforismi e citazioni dei grandi romanzi della letteratura.

Una lettura leggera eppure allo stesso tempo profonda che ci aiuta a traghettare questo complicato periodo della nostra storia.

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Progetto Invisibili 2021: All’Avana senza un cazzo da fare di Alejandro Torreguitart Ruiz

CUBA è una DITTATURA COMUNISTA.

CUBA è un REGIME AUTORITARIO.

CUBA è una TIRRANIA.

L’ho scritto molto chiaramente così non ci sono fraintendimenti.
Dove c’è una DITTATURA, in qualsiasi paese sia, a qualunque  movimento si ispiri, bisogna combatterla. La mancanza di libertà e di diritti è oppressione per tutti e non è giustificabile da colori o da ideologie di sorta.

Detto questo, la situazione cubana è esasperata e manca quasi del tutto di sostegno all’estero. Proprio i paesi occidentali che dovebbreto essere dalla parte della Democrazia faticano a mantenere chiaramente una posizione. Gli interessi di parte, come quelli economici, non permettono limpidezza di pensiero. Credo che tutti in ITALIA, debbano sostenere l’aspirazione del popolo cubano alla libertà. Non ci possono essere fraintendimenti.

Qui trovate un’intervista di Radio Radicale a Andrea Romano, uno dei pochi politici di sinistra che prende posizione su CUBA ( clicca qui ).

E vi consiglio la lettura di questo diario-memoir-saggio di  Alejandro Torreguitart Ruiz, edizioni il Foglio e traduzione di Gordiano Lupi. per chi volesse acquistarlo ecco il link : Edizioni il Foglio.

Già il titolo è indicativo della situazione che si vive sull’isola, ma il libro è fondamentale, oltrechè divertente, perchè attraverso la vita quotidiana di un ragazzo vengono messi in risalto quanto la mancanza minima di libertà, la possibilità di vivere degnamente attraverso un lavoro, la cappa di noia ed esasperazione che avvolge siano assolutamente pervasivi della vita di ciascuno. Il sogno cubano, le spiagge meravigliose, la capacità di essere sempre felici a prescindere da tutti è un’idea solo nostra. La realtà è altro.

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Progetto Invisibili 2021: Se la strada potesse parlare di James Baldwin

Black Lives Matter (BLM, letteralmente “le vite dei neri contano”).

Il libro di Baldwin è del 1974, è uscito per la prima volta 47 anni fa eppure potrebbe esser stato scritto anche ieri. Il tema razziale negli USA è di piena attualità e scuote ancora ferocemente la società americana. Una società dove il razzismo è definito sistemico.

La storia raccontata da Baldwin è quella di una giovane coppia di ragazzi afroamericani di New York. La voce narrante è quella da Tish, la ragazza. I due si conoscono da bambini e sono amici da sempre, migliori amici. L’adolescenza li sorprende e tra loro scoppia l’amore che li porta a cercare casa per andare a vivere insieme.
Quando finalmente riescono a superare gli ostacoli che li bloccano, i pochi soldi a disposizione, la famiglia di lui, un proprietario disposto ad affittare a una coppia di neri, arriva l’arresto per Fonny, il ragazzo.

Un agente di quartiere con il quale hanno avuto una discussione si vendica e incolpa Fonny dello stupro subito da una ragazza portoricana.
Non ci sono prove, ma Fonny finisce in carcere ugualmente. La sua innocenza e le prove anche testimoniali che la provano nulla possono contro le accuse di un poliziotto bianco. TIsh scopre nel frattempo di attendere un figlio. E sarà proprio l’arrivo del bambino quello che darà ad entrambi la forza per trovare una via d’uscita.
Le famiglie, la comunità li sostengono nonostante abbiao tutti e tutto contro.

La voce di Tish attraverso la quale parla l’autore è una voce limpida, quella di una ragazza innamorata che vuole, anzi deve, pensare con ottomismo al futuro. Altro non può fare. Il futuro potrebbe essere molto difficile e Fonny potrebbe non riuscire a dimostrare la propria innocenza, ma si deve andare avanti.

Ho amato molto questo libro, la vita dei neri è vita dura e mai sicura. In qualsiasi momento si rischia di essere oggetto di sorprusi, in particolare da chi detiene il potere ( polizia, giudici, politici ecc.). La situazione descritta è realistica e la fiducia nelle istituzioni (in Italia diremmo nello Stato) non esiste. Non c’è possibilità di affidarsi ad un potere, ma bisogna avere sostanze e soldi per trovare un buon avvocato e pagare cauzioni pesantissime. Le leggi non sono dalla parte dei neri nè tantomeno sono utili alla ricerca di giustizia. Le leggi sono alla mercè di chi le sa utilizzare al meglio e comunque restano espressione del potere bianco.
La New York descritta è molto diversa da quella che siamo abituati a veder nei film. Una città nella quale la comunità nera è ai margini e non c’è nessun interesse verso l’integrazione. Da parte dei bianchi c’è un solo aiuto verso la coppia di ragazzi e arriva da una donna bianca Italoamericana, immigrata a sua volta. Per il resto sono soli, soli nella loro comunità. Andrà finire bene più o meno, non ci sarà giustizia, ci sarà una via d’uscita che non prova nè la colpa, nè l’innocenza. Il finale è aperto come lo è la storia che tutti i giorni viviamo … c’è ancora tanta strada da fare.

Fandango ha mandato in stampa questo libro e tutta l’opera di Baldwin, per chi volesse conoscere un autore considerato una delle voci più impegnate della letteratura americana.

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Libro: Chiamami col tuo nome di Andrè Aciman

Qui il video 25 Maggio 2021 – ore 21 Parliamo di Chiamami col tuo nome di André Aciman . MartesanaBookClub

Andrè Aciman è nato  in una famiglia ebreo-sefardita di origine turche. Ha trascorso l’infanzia ad Alessandra d’Egitto e poi si è trasferito con la famiglia a Roma dove ha vissuto per 4 anni, dai 14 ai 19 anni. Segue un ulteriore trasloco a New York dove frequento il college. Oggi insegna presso una università di NewYOrk ed è considerato uno dei grandi esperti a livello accademico di Proust. Parla correntemente diverse lingue – francese italiano greco arabo e ladino, oltre all’inglese.

Il suo Chiamami col tuo nome ( Call Me by Your Name) esce nel 2007 e arriva in Italia nel 2019 pubblicato da Guanda.

La storia narra della storia d’amore vissuta in uno scorcio d’estate in un luogo imprecisato della Riviera Ligure che inizia con B. ( si pensa a Bordighera). La voce narrante è quello di Elio, ragazzo diciasettenne timido e introverso, a tratti solitario, che ama più la compagnia dei libri e degli spartiti musicali che quella degli amici e delle persone che circolano nella sua casa. Il padre di Elio è un professore universitario che ha una consuetudine, invita per l’estate un ragazzo meritevole negli studi a trascorrere del tempo nella villa. Una sorta di postlaurea potremmo dire oggi. Nel 1987 tocca a Oliver, ragazzo americano di 24 anni. Elio deve cedere la sua stanza a Oliver e spostarsi in una camera più piccola della casa che è di fronte alla propria.  Questo è l’inizio di quella estate e di quell’amore. I due ragazzi sono quanto di più lontano ci sia, Elio introverso e solitario, Oliver è il classico ragazzone americano energico e apparentemente ottimista a prescindere. La mamma di Elio lo chiama “movie star” proprio per l’esuberanza che lo contraddistingue. Il suo salutare con un “later” che corrisponderebbe al nostro dopo percorre tutto il libro.

Elio osserva Oliver e vuole negare il trasporto ingiustificato che prova verso quell’uomo e mentre nega, afferma. Lo osserva per cercare delle affinità, delle somiglianze. Quante volte è capitato di conoscere una persona che troviamo interessante e si cerca immediatamente di trovare punti in comune? Così è anche per Elio: Ma furono la catenina d’oro e la stella di David con la mezuzah d’oro che portava al collo a dirmi che c’era qualcosa di più forte di tutto ciò che potesse volere da lui, perché ci legava e mi ricordava che, mente tutto cospirava per renderci essere più diversi del mondo, questo almeno trascendeva ogni differenza.

Ho riflettuto molto su questo passaggio, su questa somiglianza che Elio trova in Oliver, anzi questo similarità che li avvicina ancora di più. Essere ebrei significa far parte di una minoranza ed essere ebrei maschi attratti da persone dello stesso genere, significa far parte di una minoranza ancora più esigua. Eppure loro due si sono incontrati. Come se nell’universo così vasto e piena di incognite, quel momento perfetto avesse trasceso qualsiasi differenz e avesse messo davanti a loro due, proprio a loro, la copia uno dell’altro. Lo stupore di fronte a qualcosa di così raro, di fronte all’immensità di altre possibilità è assolutamente sbalorditivo. L’more poi in fondo è questo, trovare un altro che sembra proprio corrispondere in tutto e per tutto a te. Ed è stupefacente quando accade-

Leggo questa definizione di Elio:

Ripenso a quell’estate e non riesco a credere che nonostante i miei sforzi per convivere con il “fuoco” e il “mancamento”, la vita mi concedesse comunque momenti meravigliosi. L’Italia. L’estate. Il frinire delle cicale nel primo pomeriggio. La mia stanza. La sua stanza. Il nostro balcone, da cui il resto del mondo era escluso. Il venticello che mi portava gli aromi dl nostro giardino su per le scale fino in camera L’estate in cui imparai ad amare la pesca. Perché piaceva a lui. Ad amare la corsa. Perché piaceva a lui. Ad amare il polipo, Eraclito, il Tristano. L’estate in cui sentivo un uccello cantare, annusavo una pianta e percepivo la nebbia alzarsi da sotto i piedi nei caldi giorni di sole, poiché i miei sensi erano sempre allerta, automaticamente si fiondavano su di lui.”

Elio è tormentato dalla passione per Oliver che sente attraverso ogni poro della sua pelle, sente il fuoco e il mancamento eppure tutto gli appare meraviglioso. Sente ogni cosa che lo circonda con una tale precisione che è come se egli stesso fosse diventato parte di quello che lo circonda. Ogni suo pensiero è a lui, all’oggetto del proprio amore. Oliver.

La storia è un flusso continuo dei pensieri di Elio che oscillano tra l’abbandono totale alla passione e quella sensazione di inadeguatezza che sente “perché lui dovrebbe volere me” – che è la domanda tipica che qualsiasi adolescente si pone quando si innamora, non importa di chi, non importa di quanto sia piacevole o meno, si chiederà perché dovrebbe mai piacere ad un’altra persona. Quella sorta di insicurezza estrema prima e sfacciataggine del secondo dopo che accompagnano  qualsiasi amore in divenire. In questo Aciman è stato perfetto, la sua scrittura è riuscita a dipingere con una puntualità estrema quelle emozioni, quei momenti che sono allo stesso tempo paradiso e inferno insieme.

L’aspettativa è la tinta che colora maggiormente le pagine del libro. La sensazione più travolgente, infatti, che irrompe dalla lettura del suo romanzo è la cosiddetta fear of missing out, e cioè la paura di perdersi qualcosa, letteralmente di essere tagliati fuori.  Quante volte Elio si chiede e chiede a chi è intorno dove sia Elio? Cosa sta facendo Elio? E quanto questa sensazione che l’oggetto del nostro desiderio stia facendo chissà cosa lontano dai nostri sguardi è vera? Potremmo anche chiamare gelosia la sensazione che arriva subito dopo.

Ad un certo punto Elio inizia ad isolarsi, è indeciso se mettersi a piangere dalla disperazione oppure offrire una confessione disperata al suo amore del suo amore, allora è Oliver lo cerca e gli chiede cos’ha. Ho l’allergia, avevo risposto. Anch’io, aveva detto lui. Probabilmente è la stessa.

Questa stessa allergia è l’amore tra due uomini. Entrambi sanno che il loro sarà un amore nato già finito, con una data di termine già fissata, alla quale non si può derogare. Il loro amore non è previsto nella società del 1987. E come tutti gli amori ostacolati è ancora più forte degli altri e supera qualsiasi barriera. Ad un certo punto i due ragazzi si incontrano ed è l’amore e la passione che prendono il sopravento.

Da un’intervista di Aciman, vi riporto questo pensiero: Oliver – in un certo senso – resta più in ombra, e rimane una personalità inafferrabile. Perché per l’autore non possiamo mai conoscere davvero l’altro. Si può avere un’idea di ciò che dirà o farà, ma non sapremo mai come vive nel suo profondo. In questo modo – linearmente – Elio (e il lettore con lui) non saprà mai fino in fondo quale sarà la scelta definitiva di Oliver e il suo perché.

Questa cosa che quasi non fu mai ancora ci tenta.

Ecco cosa avrei voluto dirgli, ammette Elio in una delle pagine (e delle frasi) più belle di “Chiamami con il tuo nome”. Questa cosa che quasi non fu mai perché l’amore non sembra mai abbastanza: abbastanza intenso, abbastanza duraturo, abbastanza certo, abbastanza condiviso. Che quasi non fu mai perché l’amore tra Oliver ed Elio – come tutti gli amori che non riescono a trovare concretezza – non aveva futuro, progetti, socialità, certezza di essere vissuto nello stesso modo da entrambe le parti. Questa cosa che fu per me, ma forse non per te, Oliver, sembra straziare Elio. Per te – Oliver – fu una cosa che forse non fu mai. Non per me, perché ancora mi tenta.

Dal libro è stato tratto il film, pluripremiato, di Luca Guadagnino. Film che ho visto penso circa dieci volte e che ancora non mi ha stancato. E un film   sull’attesa dell’amore. Sulle schermaglie, sulla diffidenza, su qualcosa che si desidera tanto da averne una paura fottuta.

Ho avuto il piacere di conoscere Manuela D’ovidio che per il film ha seguito la produzione e Vanda Capriolo, l’attrice che ha interpetrato Mafalda, la tata-domestica di Elio , ed entrambe mi hanno confermato quello che dalla visione del film emerge: un film emotivamente ed esteticamente perfetto. Sugli attori non dirò molto, ma consiglio se posso di guardare la visione originale del film girato in diverse lingue, l’attore Timothée Chalamet è strepitoso, perfetto.

Chiudo con una frase di un grande filosofo napoletano: Massimo Troisi che calza con il libro Aciman alla perfezione.

L’amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall’altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest’è.”

 

Chiamami col tuo nome

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