Libro: “America non torna più” di Giulio Perrone

“Due giorni a Napoli mi insegnarono che non esiste via di fuga possibile della proprio vita.”

AMERICA NON TORNA PIU’ è l’ultimo libro di Giulio Perrone, edizioni HarperCollins. L’autore ripercorre la sua giovinezza e il rapporto con suo padre, mancato per una malattia incurabile all’età di 56 anni. Quanto sia complesso il rapporto padre/figlio lo si comprende subito dalla prime righe. L’amore che li lega è viscerale ma è silenzioso, si esprime più attraverso codici che vere e proprio parole di tenerezza.

Uno dei codici utilizzati tra uomini è quello del calcio, il “campo” neutro dove ci si può esprimere anche mostrando vulnerabilità e commozioni che in altri frangenti sono socialmente preclusi ai maschi. Padre e figlio si ritrovano così:

“La Roma come ago perfetto dei nostri stati d’animo. Un filo che non si è mai spezzato, neanche negli anni in cui eravamo più distanti”

Giulio è figlio unico e le aspettative della famiglia lo sommergono, in particolare quelle del padre spesso bloccano quelle che sono le sue vere attitudini. L’adolescenza così diventa scontro. Il cammino verso l’età adulta che quasi per tutti porta ad una ricomposizione dei rapporti in questo caso si spezza. La malattia porta via il padre di Giulio nel giro di qualche mese e saranno propri questi mesi il nucleo centrale del libro.

La MORTE è un momento della vita che non sappiamo più affrontare, non abbiamo oggi le capacità, la pazienza, gli strumenti emotivi per comprenderla. Siamo costantemente catapultati in vortici vitali che escludono qualsiasi riferimento alla morte e quando ce la ritroviamo davanti non sappiamo cosa fare, così ognuno ci si arrangia come si può.
La rabbia e la voglia di fuggire che Giulio prova e descrive benissimo sono costanti in chi ha avuto la sventura di avere una persona cara che viene a mancare per una malattia incurabile. L’esasperazione, anche fisica, che si accompagna all’inutilità di qualsiasi gesto possibile diventano compagne con le quali percorrere l’ultimo pezzo di strada di vita del padre. Il pudore tra loro impedisce il resto.

E’ stato profondamente commovente leggere “America non torna più”, in diversi tratti anche divertente, in particolare quando si ritrovano le storie di un gruppo di ragazzi romani a cavallo degli anni “60 e “70 che riescono anche a vedere il mitico concerto dei Beatles del 1965 nella capitale.

Una storia di amicizie e di amori veri, di scontri e di riappacificazioni, di parole non dette che finalmente hanno trovato una loro via.
Una storia d’amore di un figlio verso il proprio padre.

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Libro: NOI (Bompiani) di Paolo Di Stefano

NOI copertina
NOI
è il nuovo romanzo di Paolo Di Stefano edito da Bompiani e approdato in libreria a maggio.

 

Paolo Di Stefano scrive in maniera straordinaria e con raro spessore nel perfetto utilizzo della lingua italiana. Solo per questo già val la pena leggerlo. Ma in NOI c’è molto di più di un libro ben scritto. NOI è la storia della famiglia dell’autore e attraversa tre generazioni di uomini. Forse potremmo partire da questo, una storia di famiglia quasi tutta declinata al maschile. Una scelta che mi ha incuriosito molto, non ricorrente nella narrativa corrente, percorsa più spesso da storie di famiglie al femminile. Partiamo dal nonno Giovanni, un uomo figlio del suo tempo, di quegli anni duri e difficili che hanno caratterizzato il dopoguerra in Sicilia e in tutta Italia.

  • Citazione: In paese lo chiamavano don Giovanni il femminaro, e ancora adesso, se chiedete di lui in zona Stazione, gli anziani e non soltanto gli anziani lo ricordano come il femminaro, mussiando e cioè impostando un sorrisetto malizioso al solo pensiero delle sue imprese madornali e scandalose.

Il nonno è il patriarca al quale tutto è dovuto, feroce difensore di una sicilianità arcaica e sensuale che non si ferma neanche davanti all’età avanzata.

Sempre per rimanere sulle figure maschili, l’altra centrale del libro è quella di Vannuzzo, figlio di Giovanni. Persona dal carattere contrastante e irrisolto. Conosciamo Vannuzzo ragazzo alla ricerca di una sua strada e Vannuzzo padre rigoroso, moralista e dal carattere iracondo.

  • Citazione: Quando sentiva parlare di valori, di rispetto e di morale, nostro padre era a casa sua, non certo in quella di via Torino 1, ma nella casa interiore del suo risentimento contro un padre debosciato: sin da giovane era entrato nel tunnel del senso del rigore, del dovere e della correttezza inflessibile nutrito come ribellione all’autorità paterna …

Mi sono fermata a riflettere su Vannuzzo, sui suoi scatti d’ira, spesso immotivati o perlomeno incomprensibili, e con molta sofferenza confesso che ho rivisto in lui mio nonno paterno. Personaggio difficile da approcciare, spesso in famiglia cattivo e insensato negli scoppi d’ira, così come all’esterno gioviale e addirittura simpatico con gli estranei. Un controsenso se visto con gli occhi di oggi, eppure così è stato. E come lui, come Vannuzzo, tanti di noi ritroveranno padri, zii, nonni che appena un paio di generazioni fa erano “uomini tutti di un pezzo”, talmente rigidi che spesso dimentichi di sé stessi e di quella briciola d’amore che, molte volte, appiana tante spigolosità. Per fortuna poi si invecchia e con la vecchiaia spesso arriva l’indulgenza.

Protagonista del libro è anche e soprattutto la Sicilia. Una Sicilia inondata di luce ma anche piena di ombre, nobile e rurale allo stesso tempo, come quella che ritroviamo descritta nella grande letteratura italiana.

Ed infine il libro focalizza anche le emigrazioni dalle regioni del Sud Italia verso Milano e verso la Svizzera degli anni ‘50 e ’60. I viaggi di Vannuzzo diventano racconto collettivo per tutti gli italiani che in quegli anni percorsero la nostra penisola verso i vari nord. Oggi è un tema ancora attuale in Italia anche se al contrario, siamo diventati il paese meta di migrazione da altri paesi, in particolare da quelli africani.

L’ultima parte del libro e quella più intimista e commovente. La storia della famiglia si trasforma ed entriamo nelle mura di casa. La voce di Claudio, il fratello bambino dell’autore morto prematuramente di leucemia, diventa più forte e anche noi lettori la possiamo sentire il suo soffiarci sul collo. Questo dialogo con lui che dura tutta una vita è stato forse il modo dell’autore per non abbandonare questo bambino morto così presto.

Si sente il dolore di Paolo bambino, il terrore per la morte del fratellino, le colpe inesistenti che si è attribuito. Avrei voluto chiedere come si può superare un dolore così grande? Poi mi sono fermata perché ho trovato la risposta in una delle ultime immagini del libro.

  • Citazione: Non appena comincia a scendere il sole, con la luce ancora piena e però già radente, indosso le scarpe da ginnastica: “Andiamo.” E mi allontano con Maria. “Ecco, vedi, questo vuol dire essere felici senza saperlo.” “Ma noi siamo felici e lo sappiamo, ”dice.“ Lo sapremo meglio tra qualche mese che oggi eravamo felici.”

Leggete NOI di Paolo Di Stefano perché ne vale la pena.

Per chi ha voglia, qui il nostro incontro in diretta con Paolo:

https://www.youtube.com/watch?v=hjw_OYBbZlg

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