Terra madre

Sono figlia di due madri. Entrambi Terre.

Una è nelle viscere e nel cuore, Campania Felix.

L’altra è nella testa e nel cuore, Lombardia.

Amo le mie Terre e vederle violate ogni giorno dilania.

Ricchezza e povertà hanno una sola necessità,

riprendere a lavorare.

Nel cuore e nelle viscere so

il pilastro è la salute e la solidarietà.

Mettere insieme testa e cuore è compito arduo,

eppure le mie Madri Terre ci riusciranno.

 

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Donne di rosa – Poesie di Daniela Rocco

La poesia è un linguaggio che ha una caratteristica unica, riesce a tradurre emozioni e sentimenti in parole. Daniela Rocco è un’autrice che conosce questo linguaggio e che, proprio attraverso la poesia, è riuscita a dare voce ai propri pensieri, a trasporre su carta certi dolori dell’anima che la vita spesso ci consegna. Dolori che se non trovano una via d’uscita possono rendere la vita difficile, complicata, possono offuscare quelle scintille di futuro che ciascuno di noi ricerca per vivere meglio.

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Daniela è una ragazza timida e riservata, distinta da una sorte di pudore personale che cela però una grande forza e determinazione e, quando piano piano lei si scioglie nella chiacchierata fatta insieme, la sua forza emerge con grande impatto. La vita di Daniela è quella di una ragazza che abita la provincia milanese, a Gessate, e che come tante si sposta a Milano e hinterland per le scuole superiori e l’università. La sua famiglia è composta dai genitori e da una sorella più grande. Il papà è affetto da una grave patologia da molti anni e i ricordi di Daniela sono, sin da piccola, legati al papà con la sedia a rotelle. Eppure, nonostante l’handicap, i ricordi di suo padre le illuminano il viso perché sono pensieri dolci che traspirano un grande affetto e un legame potente tra loro. Forse il papà aveva già compreso la vena artistica di Daniela, sin da prima che lei stessa se ne rendesse conto, e questa scoperta ha sicuramente rafforzato il loro legame. Purtroppo, però il papà viene a mancare e il mondo familiare di Daniela perde una colonna importante, non solo per lei ma anche per la mamma e la sorella. Elaborare un lutto è un momento della vita ed è una delle prove più difficili da superare. È dura. Daniela soffre per la mancanza del papà, del suo punto di riferimento e si chiude in sé stessa. È un periodo difficile. Si va avanti lo stesso, certo, è sempre così eppure in lei qualcosa stenta a camminare in avanti. La pittura che è uno dei modi che utilizza per esprimere emozioni le procura sollievo, ma non è sufficiente. Il dolore della perdita è davvero forte. Poi arriva, forse anche inaspettata, la fede. La speranza di un mondo altro, dove ritroveremo le persone amate e dove il pensiero del padre si addolcisce e bui si fa ricordo di miele. Con la fede si attutiscono i dolori e i pianti e arriva la calma. Allora è il momento per Daniela per cambiare linguaggio espressivo. Arriva la poesia. Il primo libro di Daniela si intitola “donna in rosa” e si intuisce già dai primi versi la serenità che domina le poesie contenute. Il libro è dedicato alle persone che sperano in un mondo migliore e, soprattutto, all’altra persona che nella vita di Daniela è un punto fisso, una colonna portante: la mamma. La prima poesia è per Rocky, il suo papà, poi ci sono poesie dedicate all’alba, all’eco, all’infinito. I temi della natura, fantastica e premurosa con le sue creature, sono un fil rouge che lega come una catena tutta l’opera di Daniela. Poi c’è anche un pensiero per Orlando, la persona del cuore di Daniela. E segue anche una poesia per Gino, un gatto grigio che ti guarda con un curioso e schivo sguardo blu. Diverse poesie sono accompagnate da disegni naif che, ancor di più, evidenziano un rapporto con l’arte a tutto tondo di Daniela. E per concludere se si potesse accostare una persona ad un fiore, Daniela sarebbe un girasole, fiori che lei ama. Una grande forza che la sostiene, con una grande apertura verso il sole e verso tutto ciò che è amore.

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Di notte, leggere.

Di notte, leggere.

In silenzio,  ascoltare parole.

Rollare il suono di una frase.

Penetrare nella materia, fatta di carta,

spessa, d’acciaio.

Vivere di luce riflessa eppure reale.

Tutto diventa primario.

Di notte, leggere.

 

 

 

 

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Sonno vuoto

Un sonno privo di sogni
vuoto di riposo, spento
occhi chiusi per non aver memoria.
Un sonno utile per unire ore di attesa.

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Le anime morte

Gente di Napoli

Sono tanti, insetti brulicanti
in tutte le direzioni
vanno e arrivano
un continuo ritorno
senza meta.
Anime morte,
con occhi aperti e piedi mobili.
Senza libertà e senza ordine.
Belli, brutti, a volte chiaramente saraceni.
Tutti nel girone infernale che affaccia sul Paradiso.
Lo si vede bene, in tutti i particolari,
Paradiso vicino e quasi si tocca.
E forse per questo il cuore resta,
ma è irragiungibile.
Il passaggio è stretto e si attraversa a piedi
uno per volta, in fila,
senza raccomandazioni e conoscenze,
solo con cognizione di causa.
Per passare bisogna essere in pace con se stessi,
liberi nel pensiero
rispettosi dell’altro.
Da Napoli non si accede quindi.
Bisogna andar via e vedere se la porta si apre da un’altra parte.
Tristemente a volte accade.
Il Paradiso vuole la testa e non il cuore.

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Addio ad un collega

 

Ieri abbiamo salutato un collega,
non come ogni mattina da dieci anni,
per sempre!

All’estremo saluto,
non preventivato,
e già questo è strano per una persona precisa come lui,
eravamo tanti.

Alcuni in fondo,
altri sulla navata centrale,
altri in piedi.

Tutti colpiti per la precipitosa fuga,
tutti meravigliati per non essere stati avvisati prima,
tutti con un’urgenza di parlargli che prima non avevamo mai avuto.

E non potevamo dire niente!
Noi che avremmo saputo dire cose precise sul suo conto,
cose documentate da anni di regolare convivenza giornaliera,
noi colleghi, né parenti, né amici, non siamo previsti come voce narrante.

Alla stregua di amanti nascoste e mai dichiarate,
abbiamo assistito in disparte agli ultimi riti mortali,
senza diritti ufficiali, né consolazioni familiari.

Restano ricordi da evocare in orario ufficio.
Resta una scrivania sgombra e dei cassetti vuoti.
Resta la certezza, arrivata postuma, che era un uomo.
Semplice e complesso, antico e moderno. Un uomo.

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Quella storia

C’era, in quella storia,
qualcosa che viveva.
Era un fantino che galloppava
appoggiandosi in sella e saltando ostacoli,
in una gara senza pubblico
e senza partecipanti.
Una meta a venire.
C’era silenzioso, un continuo cercarsi,
null’altro.
Così era quella storia.
Composta di due elementi soltanto.
Null’altro visibile
Viveva e si nutriva di sè,
quella storia.

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Stanca di te

 

Lo so, lo so. Ti sento che stai brigando.

E ti vedo e tu lo sai, ma non ti importa.

Non ti interessa che io sappia,  vai per la tua strada.

E ci provi, ci riprovi, insisti senza incalzare. Tu sai come fare, anche questo so.

E ci riuscirai. E io qui a guardare.

Certo potrei distogliere lo sguardo e fissare altro

 

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Io sogno

 

Io sogno.

Io sogno negli interstizi tra una pasta e un bucato.

 

 

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