Il brodo

Quando ho sentito queste due notizie:

  • un’imprenditrice (non scrivo apposta il nome) che dichiara che assume solo donne anta così non hanno problemi di figli e lavorano h24  (per la cronaca io ho avuta la seconda figlia che ero già anta)
  • al raduno degli alpini ci sono state molestie verbali e pratiche (mani su fondoschiena ecc. )

la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: beh … che novità!

Sull’imprenditrice poco da aggiungere, ho pensato. Lei lo dice, gli altri lo fanno. Scandalizzarsi come se fossimo nel mondo perfetto che concede alle donne che lavorano le stesse opportunità che offre agli uomini che lavorano mi è sembrato troppo. La polemica che ne è seguita sui social e sui giornali dava, per la maggior parte, colpa alla supposta imprenditrice e basta. Eliminata lei, sembra capire, il mondo del lavoro torna ad essere il paradiso in terra per le donne.

Sugli Alpini, sulla goliardia, sul linguaggio volgare e sessista, sulle manate sul culo o gli apprezzamenti non richiesti, sui gruppi di maschi che da bravi padri di famiglia si trasformano in ubriachi maniaci è stato detto molto. Alcuni interventi, in realtà sempre delle stesse donne battagliere e indomite ( per fortuna nostra esistono ) hanno alzato il velo, ma nella grande maggior parte il tutto è stato digerito e inghiottito senza particolare sforzo. Le altre solite donne del PD si sono azzuffate ( da sole ovviamente perchè gli uomini di qualsiasi parte politica siano per questioni di tette non si scontrano ) ma alla fine pure una parte di esse si sono trovate a definire il tutto “un’esagerazione”. Sono seguite delle dimissioni ma l’idea è rimasta.

E tornando al mio primo pensiero, adesso che ho avuto tempo e modo di rifletterci MI SONO INCAZZATA.

Il problema è che mi sono arrabbiata dopo. E’ questo è la cosa peggiore di tutte. Peggio dell’imprenditrice sessista e probabilmente in cerca di visibilità. Peggio di una branco di omunicoli mezzi ubriachi, mezzi esaltati che pensano che dire ad una donna che ha un bel culo e propinargli le posizioni tecniche dei loro amplessi sia galanteria.

I fatto è che uomini e donne, certo anche gli uomini perché tanto da sole non raggiungeremo nessun traguardo degno di questo nome, ci saremmo dovuti incazzare subito e metterci a urlare tutti insieme perché nel 2022 considerare la metà della popolazione “solo carne da consumare” o peggio ancora “cittadini di serie B, forse anche C o D in taluni casi, è semplicemente ABERRANTE.

Ma così non è stato!

I due fatti citati sono lo specchio di quello che siamo come società. Il brodo caldo dei miei pensieri affoga quello che semplicemente in una società moderna e democratica  dovrebbe essere normale. Ma così non è. E io con le mie arrabbiature fuori tempo ne sono parte integrante di questo paese che giudica normale appellare le donne per strada e farle lavorare quando  gli pare, se gli pare e questo mi fa incazzare ancora di più.

Alpini-3-1200-690x362

{lang: 'it'}

Libro: “Maria. Nata per la libertà” di Amalia Frontali

Avevo Due Paure,

La prima era quella di uccidere

La seconda era quella di morire.

( Giuseppe Colzani)

Apro con questi versi meravigliosi di Giuseppe Colzani, partigiano dell’Ospedale Niguarda, che in pochi versi riesce a cogliere tutto l’orrore e la profonda ferita che la guerra civile italiana ha portato negli animi delle persone.

Anche il libro di Amalia Frontali sceglie questi versi per iniziare il racconto di Maria Peron, infermiera milanese di Niguarda, datasi alla macchia nel 1944 per sfuggire all’arresto e riparata in Val d’Ossola dove cura e presta aiuto alle brigate partigiane di montagna.

Ho sentito parlare di questo libro da un’amica che però, non avendolo ancora letto, non sapeva darmi ragguagli. Ho accolto quindi il consiglio di seconda mano e sono andata a sbirciare le prime pagine. Sono rimasta letteralmente incollata alla storia. Maria dalle prime righe mi ha preso per mano e trascinato con lei dal ciglio in un cornicione dell’ospedale milanese dove lavorava fino agli scalcagnati sedili di legno della terza classe di un treno per le valle e poi su di corsa verso le montagne della Val d’Ossola.
Sono sincera pensavo all’inizio ad un romanzo ma, man a mano, che mi addentravo nella lettura ho capito che Maria è, anzi è stata, davvero una partigiana e che ha prestato servizio presso la 85ª Brigata Garibaldi “Valgrande Martire”.
Sul web e nella dettagliata bibliografia, così come nelle note, ci sono tutti i riferimenti necessari per comprendere e approfondire. Sul web ci sono delle foto di Maria e Laurenti veramente bellissime.

Uno dei capitoli si intitola “Da che parte stare” e credo che l’autrice sia riuscita a restituire in maniera  profonda la crisi delle coscienze che colpiva chi per liberarsi dal nemico, i tedeschi, e dagli oppressori fascisti, era costretto a sparare. La guerra civile è di tutte le guerre la forma più insensata, quella che oltre le ferite, i morti, le atrocità si porta dietro anche la violenza verso i propri fratelli, conoscenti e concittadini. C’è stato un momento nel quale gli italiani hanno dovuto scegliere da che parte stare. I ribelli del nord contro il fascismo hanno scelto di essere partigiani ed è grazie a loro, alle loro battaglie, al loro coraggio che il nostro paese è stato liberato dai fascisti e da nazisti. Mentre le forze alleate risalivano la penisola, dalle montagne, da qualsiasi tipo di rifugio possibile, i partigiani sfiancavano e combattevano il nemico.

Maria è infermiera, Maria non spara, non vuol sparare ma la guerra non fa sconti a nessuno ed è grazie all’aiuto di Laurenti che riesce a fuggire da una ronda fascista dalla quale era stata riconosciuta. Sulla sua testa pendeva una taglia, come infermiera era considerata anche più preziosa di un capo partigiano. Lei era capace di curare e assistere i feriti e i malati, all’occorrenza anche di procedere a operazioni chirurgiche d’urgenza.
Vi sorprenderà la tempra di questa donna, il coraggio, la resistenza fisica che probabilmente neanche lei sapeva di avere, la capacità organizzativa. Un’infermeria su un alpeggio in assoluta emergenza che riesce a curare persone non è cosa da poco.

Non vi dico di più perché vorrei che leggeste il libro. Maria vi sorprenderà e l’amerete sin dalle prime righe. Ho avuto un debole per questa ragazza (nel 1944 aveva 30 anni ed era già considerata donna adulta) , in gran forma fisica ( che meraviglia finalmente una protagonista che non sia filiforme) che nonostante tutto sceglie la sua strada e cerca nel bene, nel male di percorrerla. Maturerà molto Maria, troverà l’amore e ce la farà ad andare avanti.
Vorrei tanto che la sua lezione di vita potesse arrivare a tutti coloro che non sanno o non vogliono sapere cosa sia stato il fascismo nel nostro paese. Vorrei che la scelta di Maria fosse d’esempio. Ancora oggi ci troviamo a combattere contro violenze che si ispirano al fascismo e ancora oggi dobbiamo, ahimè, continuare a fare la scelta di essere dall’altra parte, la parte della libertà e del rispetto di tutti.
Buona Lettura

Capture

{lang: 'it'}

Libri: Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer

Parlare di questo libro mi risulta molto difficoltoso, probabilmente sarebbe stato meglio non averlo letto. Anzi, senza probabilmente. Perché questo è uno di quei libri che fanno male. Di quelli che per andare avanti nella lettura devi fare degli scatti di crescita vera e propria. Quelli che ti dicono cosa sei con una chiarezza e una spudoratezza tali che forse era meglio non saperlo. Anzi, senza forse.

La voce narrante è quella di una ragazza che racconta ad un tale dottore Seligman i suoi pensieri mentre lui sta operando su di lei. Parte così il flusso di coscienza che prende vita da un sogno erotico con Hitler e passa attraverso l’identità femminile, come anche la descrizione delle fragilità dei propri genitori, del rapporto con un amante sposato e con il quale lei divide una sessualità torbida e senza coinvolgimento emotivo, dei sexy toys giapponesi creati da uomini per soddisfare il desiderio maschile attraverso il corpo delle donne, della desolazione sociale di nascere e crescere femmina nella nostra società, della solitudine, della complessità della memoria collettiva tedesca che porta addosso il fardello delle colpe del nazismo, degli ebrei che sono sempre gli altri e della volontà finale proprio di quel “cazzo ebreo” che non ha nulla di erotico ma è solo il completamento del proprio corpo, forse finalmente ricongiunto al proprio io, una sorta di nemesi storica che se non ripara almeno rende giustizia per quello che si può oggi.

… ma persino adesso mi irrita come qualsiasi cosa, sempre, sia progettata attorno al cosiddetto corpo umano, il corpo dotato di cazzo, mettendo metà della popolazione a rischio di morte a causa degli oggetti quotidiani.

Ecco uno dei punti cruciali che ho letto diverse volte. Qui si riferisce espressamente a sextoys, ma in realtà vale per tutto quanto il resto. Il mondo è costruito a misura d’uomo, intenso come genere. Chi è diverso da quel genere specifico, vive in un mondo non a sua misura.

… quando ero più giovane pensavo sempre che il solo modo per superare davvero l’Olocausto sarebbe stato amare un ebreo. E non semplicemente un vecchio ebreo qualsiasi, ma uno fatto e finito, con i boccoli e lo zucchetto. Uno devoto e che sa leggere la Torah e non esce mai di casa senza un cappello nero.

Con coraggio non comune, l’autrice parla la pesantissima eredità lasciata sulle spalle dei tedeschi di oggi che è ancora poco affrontata, poco indagata, spesso rimossa e della quale anche noi in Italia dovremmo fare i conti prima o poi.

Ma credo che per avere un libro di questo tipo scritto in Italia da un’italiana e un italiano dovremmo attendere ancora un paio di decenni, se ci viene bene. Ho la sensazione che la morale cattolica nel quale siamo immersi, consapevolmente chi più chi meno, non ci permetta una tale profonda conoscenza  di noi stessi e quindi la conseguente rivolta. Il nostro corpo, degli uomini e delle donne, non è ancora una necessità che deve restare unito all’intelletto. Se ci va bene ci insegnano a prenderci cura dei pensieri femminili, ma si sottende sempre che in questo caso il corpo risponde ad altre regole, considerate ancestrali. Non c’è unione nelle donne tra quello che siamo e quello che desidereremmo essere. Non ci è permesso. L’eredità nazista è l’altro grande tema affrontato senza pudore, senza paura.

Ho finito qualche giorno fa e so già che lo rileggerò a breve, perché devo avere il tempo di digerire certi passaggi, di schivare la tristezza per l’impossibilità di essere felici in questo mondo, di capire quanto sia dissacrante e allo stesso liberatorio, non sentirmi più in colpa per colpe di altri o semplicemente perché sono nata nella metà e passa sbagliata.

Naturalmente è molto più facile essere religiosi se sei un uomo, ma non sono mai riuscita a capire come mai una donna single possa voler frequentare una chiesa, o qualsiasi altro tempio, dottor Seligman, nessuna religione che mi sia mai capitata di incontrare aveva qualcosa di carino da dire sulle donne.

IMG_20210528_185501

 

 

{lang: 'it'}

Libri: Non per me sola di Valeria Palumbo

Non per me sola di Valeria Palumbo 

Sottotitolo: Storia delle italiane attraverso i romanzi.

Ci sono libri che sono felice di leggere: perchè mi piacciono, perchè mi corrispondono, perchè la lettura mi rende migliore, mi invita a cercare altri libri, mi fa pensare, mi fa sorgere domande …

E’ capitato così con il libro di Valeria Palumbo, ma è capitato anche qualcosa in più.
Sono felice che un libro così sia stato scritto.

Raccontare l’evoluzione del femminismo o, anzi, per dirla meglio, dell’evoluzione della consapevolezza da parte delle donne di non essere “inferiori” agli uomini, attraverso i romanzi di scrittrici dell’ultimo secolo o poco più, è stata una sfida mirabile che Valeria Palumbo ha vinto a man basse.

Nel libro, ci sono tutte le scrittrici che hanno determnato la storia della letteratura italiana, ma anche quelle dimenticate o poco conosciute. In tutti i racconti, in tutti i romanzi esaminati c’è un pezzo di storia di ciascuna di noi. Ma anche degli italiani (intendo uomini).
Attraverso vari capitoli suddivisi per argomento ( tra i quali: Padre o padorni? – Madri in silenzio. –  Il mito della fedeltà – Una prigione di nome Sud), l’autrice esamina la storia  raccontata mettendola in analogia con la società del momento in cui si racconta. Tanti romanzi hanno denunciato soprusi, prevaricazioni, ingiustizie quando non vere e proprie violenze subite dalle donne e tutti hanno partecipato a quel gran movimento che ha caratterizzato il secondo Novecento, in particolare, per far sì che i “diritti delle donne” iniziassero ad essere al centro del dibattito sociale. Le note di come si è sviluppato in Italia il diritto nei confronti delle donne sono, poi, molto di più di un corollario.

Il libro si configura come un saggio per il grandissimo lavoro di ricerca svolto dall’autrice, ma in realtà si legge e appassiona come un romanzo.

Troverete tantissime storie e tantissime autrici da leggere e da diffondere. Se questo libro fosse un disegno, direi che sarebbe una matrioska. Una storia con dentro altre storie incastrate una dentro l’altra. Meraviglioso.

 Tra tutte le autrici, ne menziono una che ho “scoperto” a luglio scorso e che mi ha conquistato: Alba De Cespedes. A questo link avevo parlato del su Quaderno Proibito (http://www.giovannabrunitto.it/?p=2159). Ma la bibliografia offre un milione di spunti e sono tutti da  appronfondire.

Buona lettura a tutte le donne che legeranno questo libro. Ci meritiamo questa lettura e ci meritiamo di continuare la strada di coloro che ci hanno preceduto.

Valeria Palumbo

{lang: 'it'}

Libri: Amiche per la pelle di Laila Wadia

Il libro è uscito nel 2007, edizioni E/O, ma è arrivato a mie mani solo pochi giorni fa. Non conoscevo l’autrice, ma la copertina ( ah la potenza del primo impatto con un libro … ) mi è piaciuta e ho iniziato a leggerlo.

Delizioso e delicato, mi ha conquistato ad ogni pagina. Non è un libro d’impatto, di quelli che racconntano storie pazzesche che ipnotizzano, ma che in fondo emanano un’eco di poco verosomiglianza.
Amiche per la pelle è una delle mille storie di integrazione che ogni giorno attraversano silenziose il nostro paese. Mentre ci interroghiamo se dare la cittadinanza a “cittadini” nati in Italia e più italiani di molti altri, in ogni casa ci sono famiglie che semplicemente vivono. Di che colore siano, alla fine poco importa.
Nel condominio triestino al centro del libro, si muovono vecchi italiani brontoloni, famiglie indiane e cinesi, sopravissuti della già dimenticata guerra dei Balcani degli anni ’90, albanesi della prima ondata migratoria…insomma un’umanità varia che prova ad andare avanti. E che sopratutto ci riesce.
Leggetelo perchè questo libro mette di buon umore e ricorda a tutti che essendo umani, insieme agli altri umani, stiamo bene …indipendentemente dal colore della pelle e dall’accidentale provenienza geografica natia.

Capture

{lang: 'it'}

Confidenze nr. 42 – Editoriale di Angelina Spinoni

La paura della preda, il passo veloce e le spalle curve.

Quando ero bambina ho avuto il seno molto presto, già a dieci anni ho dovuto indossare un reggiseno. Non era colpa mia, è capitato così. ….

13 - Editoriale Direttrice - Ottobre 2020

{lang: 'it'}

Felice tra i motori – Storia di Alessandra Lucaroni – Confidenze nr. 39 – Settembre 2020

La storia di Alessandra Lucaroni e della sua Officina delle Donne, perchè niente può fermare una donna che ha una passione. Evviva le camioniste, le meccaniche, le magazziniere  …

12 - Storia di Alessandra Lucaroni pag.1 12 - Storia di Alessandra Lucaroni

{lang: 'it'}

Libro: Quaderno proibito di Alba de Cespedes

ALLA RISCOPERTA DELLE AUTRICI DEL NOVECENTO: Alba de Cespedes

1952

Riscrivo, 1952. Anno di stampa di Quaderno proibito di Alba de Cespedes. Questo libro ha 68 anni. Pensavo di addentrarmi in una prosa antica, orpellata, in un libro che affrontava argomenti ormai vecchi, vecchissimi e invece …

Quaderno proibito, con i dovuti accorgimenti al fatto che non c’era la televisione, nè ovviamente internet e compagnia cantando, è un libro di un’attualità sconvolgente.

I sensi di colpa di Valeria, divisa tra famiglia e lavoro; la noia di un matrimonio che trova nell’ignorarsi dei coniugi l’unico motivo per andare avanti; la scelta semirivoluzionaria di una figlia nei confronti della madre; un figlio mashio adorato e incline al mammismo, se non proprio all’immaturità perenne; un tradimento mai consumato e sempre pensato che alla fine non è altro che una trappola come tante altre nella vita di Valeria. Una donna che cerca sè stessa, ma è così pressata dai pesi che si porta addosso ( imposti dalla società o da lei stessa scegliete voi) che alla fine si abbandona all’amarezza, unico sentimento che si concede di provare apertamente.

Attualissimo, ahimè lo scrivo a malincuore, perchè tutti i nodi della vita di Valeria sono ancor oggi i nodi che ogni donna deve affrontare. Ancora. Dopo 70 anni circa forse noi donne meritavamo qualcosa in più, ma spesso, e anche questo lo scrivo a malincuore, siamo ancora le più acerrime nemiche di noi stesse. Come se amarsi e desiderare qualcosa che non sia solo ed esclusivamente il ruolo che la società ci impone fosse un errore. Fosse un peccato.

Leggete Alba de Cespedes perchè è di una modernità sconcertante e perchè con una prosa semplice e diretta descrive i pregiudizi e le complicazioni che la vita  impone alle donne e che , spesso, nemmeno percepiamo per quanto siamo abituate a viverle come se fossero normalità.

Capture

{lang: 'it'}

Il sacrificabile è sempre femmina

Tranquille e silenziose, quando c’è da sacrificare qualcosa le donne ci sono sempre. E anche stavolta non facciamo eccezione. E non c’è nemmeno tempo per lamentarsi perchè noi, le donne, abbiamo sempre troppo da fare. Possiamo essere anche gli Amministratori Delegati (ruolo declinato al maschile ovviamente) di una multinazionale, state tranquille se c’è da preparare pranzo e cena a noi tocca, se c’è da seguire pargoli vari a noi tocca, se c’è da pulire casa, chiamare parenti vicini e lontani, assistere genitori anziani, comprendere e contenere i vari disagi familiari a tutti i livelli … a noi tocca. Ed essere modeste, fare finta di non accorgersi che siamo indispensabili.

E tocca pure lavorare, ovviamente. Ed essere molto, ma molto meglio dei nostri colleghi uomini e guadagnare meno. In Italia siamo fortunate perchè guadagniamo solo il 25% meno, solo un quarto; in altri paesi è peggio.

Ma tranquille non possiamo lamentarci perchè tutto sommato quasi tutte abbiamo mariti, compagni, affetti stabili e/o congiunti che oggi una mano ce la danno. Certo e ce lo dicono anche che ci aiutano e noi ringraziamo pure, perchè ci fanno tante cortesie personali dandoci sollievo quando vogliono o quando possono, cioè fanno qualcosa in più di quello che devono perchè, tranquille il tutto tocca a noi. E se reagiamo male, siamo isteriche e spaventate, mica stanche.
Il carico mentale che pesa sulle donne, su tutte non ci facciamo illusioni, è pazzescamente pesante e ci delega immediatamente in seconda posizione, qualsiasi sia il nostro ruolo sociale, pubblico, lavorativo, privato. Chi è in seconda linea, è sacrificabile e le donne lo sono sempre.
Sul carico mentale vi invito a leggere il bellissimo fumetto “Bastava che chiedessi!” della francese Emma. Vi si aprirà il mondo che viviamo tutti i giorni e del quale non abbiamo neanche coscienza in quanto vi siamo immerse. Usiamo il fumetto come uno specchio per vederci. Magari saremo meno tranquille.

Oggi siamo sacrificabili sul lavoro, perchè possono tornare a lavorare la metà degli occupati, per spazi sui mezzi pubblici e negli uffici. Ed ecco qua, perfetto. Le donne sono quelle che rientreranno meno. Ovviamente, il lavoro delle donne si può sacrificare, Noi siamo seconde. I primi, gli uomini, rientrano poi se ci sarà posto ci saremo anche noi. A casa ci sono figli senza scuole, chi li potrebbe tenere d’altronde. In ufficio c’è un solo posto da occupare, meglio far andare lui che se rimanesse a casa poi andrebbe in crisi davvero, invece le donne a casa qualcosa da fare lo trovano sempre.
Non vado avanti perchè tanto i discorsi sono sempre gli stessi. Le seconde si sacrificano. Punto e basta.
Da una crisi gestita completamente al maschile, così aspettarsi d’altronde.
Ministri, epidemiologi, biologi, esperti vari … pure i complottiisti sono tutti uomini. Ma questa è l’unica cosa positiva, perchè alla donne le stronzate in genere pacciono meno. Le donne sono persone che le cose le fanno. Prima o poi, qualcuno se ne accorgerà e forse saremo sacrificate meno.
Fino allora andiamo avanti, ma se possiamo non tranquille. Alziamo la voce, facciomoci sentire e prendiamoci quello che ci tocca quando non ce lo danno. Sentirsi persone ed essere trattate come tali, non ci impedirà di voler meno bene a chi ci sta vicino, nè di essere meno presenti. E’ necessario esserne consapevoli noi per prime. Le donne non saranno sacrificabili all’infinito, se ci facciamo sentire.

{lang: 'it'}

Libro: Le nuove Eroidi di aa.vv.

CaptureQuanto può essere diversa la prospettiva dei fatti vista attraverso gli occhi di un donna?

La risposta a questa domanda è in questo libro.
Ovidio, circa 20 secoli fa, scrisse un’opera che conteneva delle epistole scritte in versi che ripercorrevano le grandi eroine delle tragedie greche. Le vicende mitiche sono archetipe e ancora oggi sono di grande impatto per comprendere le oscurità del’animo umano, di quello femminile in particolare.

Il libro ripropone in chiave moderna le storie delle Eroidi attraverso le voci di 8 autrici italiane nate negli anni Settanta e che rappresentano il meglio della scrittura italiana al femminile.

Consiglio la lettura di tutti i racconti, ma ho amato particolarmente queste:

  •  Antonella Lattanzi ci fa assistere al processo in cui è coinvolta Fedra,
  • Teresa Ciabatti fa rivivere una nuova Medea in Maremma,
  • Michela Murgia, infine, dà voce a Elena, perché “quando bellezza e guerra diventano sinonimi, non c’è più differenza tra ammirare e prendere di mira”.

 

{lang: 'it'}