Libri: Nel nostro fuoco di Maura Chiulli

Urticante, inesorabile, bruciante come solo certe opere di vera poesia sanno essere. E fanno male.

Il libro “Nel nostro fuoco” di Maura Chiulli è insieme un viaggio nel dolore e un salto nel vuoto. Quando ci si ferma, quando si atterra si può riprovare a vivere, ma arrivare dall’altra parte, in un sè maturo è una lotta senza esclusioni di colpi. E nella lotta per diventare finalmente adulti, il nostro peggior nemico siamo noi stessi.

La scrittrice riesce ad entrare nell’anima, anzi come suggerisce il titolo, nel fuoco dei due protagonisti e ci restituisce un racconto diretto che descrive le paure e le solitudini di Tommaso e di Elena. Il loro amore amplierà il terrore di Tommaso che davanti alla disabilità e al silenzio di Nina, la loro bambina, fuggirà.

La trama del libro è qui: Hacca Edizioni ma credo questo libro vada letto, oltre che per la storia che racconta, sopratutto perché la voce della scrittrice è un urlo che merita attenzione. In un panorama letterario, spesso votato al buono, in certi casi all’annacquato, questo libro è prezioso, diretto, persino brutale. Eppure è vero. Essenziale. Abbiamo bisogno di scrittrici che sappiano scavare così nell’animo umano, che abbiano il coraggio di nominare emozioni cattive che ci portino all’estremo per poi afferrarci e riportarci indietro.
Sono ipnotizzata dalla lettura proprio come capita davanti ad uno spettacolo di fuoco. Impaurita e attratta, allo stesso tempo.
Maura Chiulli è una scrittrice di estremi, può non piacere certo, ma è necessario leggerla. E’ importante che abbia voce e forza, per noi lettori sopratutto.

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Libro: Caduta libera di Nicolai Lilin

Il libro di Lilin è duro ma fa bene leggerlo. È difficile da accettare ma aiuta a comprendere, forse un po’ anche a giustificare, le ragioni di chi è dall’altra parte della guerra, dietro un’arma.  È critico senza essere fazioso o polemico.

È la storia di un ragazzino siberiano, che abita nellaprovincia della provincia, e che viene  prelevato per svolgere gli obblighi di leva.  Nella Russia degli oligarchi, uguale a quella comunista, a quella degli zar,  nessuno gli chiede niente. Lui si ritrova con un fucile in mano a sparare a dei nemici che non odia, che nemmeno conosce. Ma non si fa domande, punta solo il fucile e mira. E mira bene perchè il siberiano è bravo. Si concentra e spara. E i nemici cadono. Più nemici cadono, più la sua squadra va avanti. Non si guarda indietro, non rimugina sugli amici morti vicino, ad un soffio, non prova pietà per i nemici, neanche quando scopre che sono uomini, proprio come lui.  Anzi proprio per questo non pensa. Bere sì, però. Quello se lo concede. Mai prima di un’azione importante, comunque. La mira deve essere sempre perfetta. Ne va della vita.

E mentre i pensieri del  siberiano-cecchino russo nella seconda guerra cecena scorrono veloci, dal libro emerge l’odore del fumo, della carne bruciata, dei fori dei proiettili di precisione, del sangue raggrumato, del rancio mezzo marcio. E la guerra non è più un sottofondo ma è cruda, è reale. Orrenda.

Per poi accorgersi, poche pagine più avanti, che dietro questa guerra, come ogni guerra, c’è la voglia sfrenata di potere di uomini senza scrupoli. E la scoperta arriva alla fine dei due anni di servizio militare, quando era  giunto anche un certo equilibrio, quando forse avere un’arma potente in mano era diventata un’abitudine quasi gradita, rassicurante.

Ma con la fine del servizio militare, arriva anche la consapevolezza di dover ritornare nella vita  normale e, quindi, dover lasciare indietro quel senso di onnipotenza che deriva dall’imbracciare un kalashnikov.

E soprattutto riuscire a convivere con il demonio che c’è latente in ogni uomo e al quale nessuno uomo dovrebbe affidarsi mai!

 

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Libro: Quattro etti d’amore di Chiara Gamberale

La descrizione del libro mi ha incuriosita e mi ha convinto a comprarlo. Due donne diversissime che si esaminano attraverso i rispettivi carrelli della spesa è una trama troppo intrigante, troppo simile alla curiosità che fuggivamente provo ogniqualvolta sbircio nel carrello di qualcuno al supermercato,  per poter lasciare il libro lì sullo scaffale.

Avevo qualche pregiudizio sulla Gamberale. Il suo primo libro sull’anoressia non mi era piaciuto molto, aveva come un graffio solo cittadino …come dire “comprensibile” solo a Milano, al massimo Roma. Nel resto d’Italia, che è poi la maggior parte, non si calava, non aveva un taglio da provincia, insomma!

Invece, Quattro ettid’amore è più aperto e fotografa bene la vita di due donne completamente diverse che però,  senza saperlo, sono sopraffatte dalla stessa difficoltà di vivere. La sensazione di disagio che spesso, a metà vita, coglie inaspettatamanche e fa sembrare che ci sia qualcosa ancora  da fare, ancora dacogliere, ancora da osare. Ma non si può … Non si può più! Per chi ha un compagno e per chi non ce l’ha. In entrambi i casi resta fuori un po’ di vita.

Sono perplessa solo sul finale. Entrambi le donne, diverse e così simili, trovano la soluzione più semplice per entrame … Continuano cioè ad essere sempre le stesse, a modo loro …. Forse il finale meritava uno sforzo in più.

Comunque lo consiglio a tutti coloro che sono in una fase di passaggio.

FRASE DA RICORDARE: se non sai uscire da un tunnel, arredalo!

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