Età insulsa 20 anni

Età insulsa 20 anni…si ama da matti e sembra normale; ogni cosa da fare è l’ultima; il tempo non ha valore; adesso vale, altri avverbi non sono contemplati; si è divorati da ansie inesauribili e devastanti; i sentimenti degli altri appaiono sfocati e irrimediabilmente vecchi e tutti, tutti, proprio tutti sentono l’urgenza di cambiare il mondo. Poi per fortuna passano i 20 anni… e si inizia ad amare meglio; si fanno scelte che coinvolgono insieme cuore, testa e corpo; gli altri iniziano ad apparire come persone dotate di pensieri degni di essere ascoltati e capita di meravigliarsi a pensare che avere 40 anni è meglio che averne 20 e poi capiterà che averne 60 sarà meglio dei 40 e così via… comprendendo alla fine che 20 anni è stato solo l’inizio e il verbo cambiare si è trasformato in migliorare.

http://20anni.iodonna.it/et-insulsa-20-anni/735/

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Mentire è una virtù

 

Mentire è una virtù.

Lo so, lo so che non troverò una persona che sarà d’accordo con me, almeno non pubblicamente, e resterò pressoché sola a sostenere la tesi, ma la solitudine intellettuale non mi spaventa. I miei pensieri sono alla ricerca dell’anima gemella da quando hanno iniziato ad avere contezza di se stessi. Ormai si sono abituati. Mentire è una virtù, dicevo. Perché la realtà spesso è diversa rispetto agli angoli da dove la si osserva e ciò che io vedo e considero è un’altra cosa rispetto a ciò che vede e considera anche chi mi sta solo seduto di fronte. Come posso io sostenere quindi una certa cosa, affermando che sia verità, se gli altri la vedono diversamente? Se imponessi la mia visione direi la verità, ma … c’è un però che mi assilla! Potrei offendere l’altro. E questo, il rispetto e la felicità delle persone, mi stanno più a cuore del resto. Preferisco mentire ogni tanto ma vedere un sorriso disegnarsi su un viso, niente di meno di un sole che spunta all’orizzonte in quanto a bellezza. Se poi qualcuno ha bisogno del mio punto di vista, me lo chiede chiaramente ed io glielo do. Alla mia realtà piace essere condivisa, non imposta.

STORIE in 1000 battute ( circa )

 

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Storie di caffè – “Lo teniamo”

“Ti debbo parlare.” “Prego, dimmi tutto.” “Veramente  preferirei parlarti davanti a un caffè. Oggi tocca a me offrire.” “No, ti sbagli, tocca a me: ieri hai pagato tu.” “D’accordo, ma andiamo, che devo dirti una cosa importante…”      

Solito bar, solito tavolino, soliti due caffè. Tutto uguale al giorno prima, tranne me! O forse dovrei parlare al plurale? Io e il bambino in arrivo… Fisso la tazzina e l’odore penetrante mi colpisce in viso. Ho già le nausee? Alzo la testa, lo fisso e glielo dico. Una mitragliata diretta. Tra di noi, sin dall’inizio, pochi sentimentalismi. Ognuno con i propri spazi e le proprie libertà. Niente complicazioni. Fino ad oggi… Lui mi guarda senza espressione. Beve il suo caffè d’un fiato. “E lo vuoi tenere?” “Sì.” Prende il mio caffè e beve anche quello. “E allora lo teniamo.” E mi sorride

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Storie di caffè – Il filo invisibile

Mi ero da poco trasferito nella nuova casa, e una mattina scesi per andare al bar e prendere un bel caffè. C’era un po’ di gente, così aspettai qualche secondo. Appena mi sembrò che il barista fosse libero mi feci avanti…       

Non assomigliava per niente a Ciro, che distillava un concentrato di caffeina pura capace di resuscitare i morti. Con un scorato filo di voce, ordinai un espresso “ristretto”. Lui mi guardò di traverso e, col guizzo sveglio di certi umani che comprendono altri umani solamente da uno sguardo, capì che doveva dare il meglio. Da quel caffè dipendeva la mia giornata e molto di più. I mille chilometri di distanza dal mio paese si annullarono nel sapore deciso, forte. Sapeva di ricordo e, allo stesso tempo, odorava di cose nuove che mi aspettavano. Ringraziai ed uscii. Ci sarei tornato ogni mattina.

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