Storie di caffè – “Lo teniamo”

“Ti debbo parlare.” “Prego, dimmi tutto.” “Veramente  preferirei parlarti davanti a un caffè. Oggi tocca a me offrire.” “No, ti sbagli, tocca a me: ieri hai pagato tu.” “D’accordo, ma andiamo, che devo dirti una cosa importante…”      

Solito bar, solito tavolino, soliti due caffè. Tutto uguale al giorno prima, tranne me! O forse dovrei parlare al plurale? Io e il bambino in arrivo… Fisso la tazzina e l’odore penetrante mi colpisce in viso. Ho già le nausee? Alzo la testa, lo fisso e glielo dico. Una mitragliata diretta. Tra di noi, sin dall’inizio, pochi sentimentalismi. Ognuno con i propri spazi e le proprie libertà. Niente complicazioni. Fino ad oggi… Lui mi guarda senza espressione. Beve il suo caffè d’un fiato. “E lo vuoi tenere?” “Sì.” Prende il mio caffè e beve anche quello. “E allora lo teniamo.” E mi sorride

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Storie di caffè – Il filo invisibile

Mi ero da poco trasferito nella nuova casa, e una mattina scesi per andare al bar e prendere un bel caffè. C’era un po’ di gente, così aspettai qualche secondo. Appena mi sembrò che il barista fosse libero mi feci avanti…       

Non assomigliava per niente a Ciro, che distillava un concentrato di caffeina pura capace di resuscitare i morti. Con un scorato filo di voce, ordinai un espresso “ristretto”. Lui mi guardò di traverso e, col guizzo sveglio di certi umani che comprendono altri umani solamente da uno sguardo, capì che doveva dare il meglio. Da quel caffè dipendeva la mia giornata e molto di più. I mille chilometri di distanza dal mio paese si annullarono nel sapore deciso, forte. Sapeva di ricordo e, allo stesso tempo, odorava di cose nuove che mi aspettavano. Ringraziai ed uscii. Ci sarei tornato ogni mattina.

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