The Good Mothers

The Good Mothers – Le donne che hanno sfidato la ‘ndrangheta – Serie TV su Disney+

La serie THE GOOD MOTHERS è bellissima. Feroce, dolorosa e bellissima. Guardatela se potete, guardatela quando potete. Vale la pena.

Le storie che si alternano sullo schermo sono quelle di 3 pentite di ‘ndrangheta. Donne. Donne che si ribellano a contesti di violenza, fisica e psicologica, e cercano vie di fuga.

La storia di Lea Garofalo e di sua figlia Denise è oggi l’emblema della possibilità di liberarsi dalle spire di una famiglia di ‘ndrangheta. Lea non ce l’ha fatta, ma ha aperto la porta attraverso cui sua figlia Denise ha trovato la libertà. Le altre due donne che animano la serie si conoscono e sono amiche d’infanzia. Giuseppina Pesce vive oggi in una località protetta con i tre figli, purtroppo all’altra, Cetta Cacciola, non è toccata la stessa sorte.  Non mi dilungo molto sulle storie personali, su qualsiasi pagina web o di giornale potete leggere tutto quello che riguarda le loro vicende.

La narrazione della serie, invece, nelle quali si inserisce anche quella della PM Anna Colace, (personaggio narrativo che in realtà ripercorre le indagini della PM che si è occupata dei casi Garofalo e Pesce) partendo dalle vicende delle donne allarga l’inquadratura è mostra quanto sia difficile e complesso “uscire” da una famiglia di ‘ndragheta. C’è una sorta di sopraffazione psicologica che viene esercitata anche su bambine e bambini piccoli e che continua per tutta la vita, anche quando si è lontani, anche quando non si hanno ruoli nelle attività criminose.

Questa storia al femminile e del femminile offre però una speranza, c’è un’incrinatura che una PM intuisce e dalla quale cerca di svelare, rompere quel muro che tiene tutte e  tutti segregati in un mondo senza speranze. Una via d’uscita c’è, difficile e durissima, ma c’è. Il coraggio di queste donne farà il resto.

Non ci sono eroine o eroi in questa serie. Non ci sono morti ammazzati “a gratis”. Non ci sono mitizzazioni di ruoli. Non c’è l’effetto Gomorra che esalta linguaggi e atteggiamenti violenti. Non ci sono spiegazioni nè giustificazioni di logiche violente.

Ci sono donne che si appellano all’unica forma d’amore che conoscono, l’unica della quale possono disporre. C’è il coraggio e la responsabilità su coloro che non hanno neanche deciso di mettere al mondo. I figli.

C’è probabilmente anche la chiave per riuscire a pensare che se le condizioni sociali, economiche, lavorative aiutano le donne, specie quelle che si trovano a vivere in condizioni svantaggiate, la società nella quale tutti viviamo può essere migliore. E questo vale anche e soprattutto per arginare, sconfiggere le organizzazioni criminali, perché le madri non sacrificano la vita dei figli se hanno un briciolo di scelta.

Che una narrazione così chiara sia dovuta arrivare a noi attraverso un libro scritto da un autore inglese, Alex Perry, non tradotto ancora in italiano (almeno io non l’ho trovato) e attraverso gli occhi di un regista, Julian Jarrold, sempre inglese, è suggestivo e offre tanti spunti di riflessione. Non ultimo il fatto che la narrazione italiana dei fatti criminosi è chiusa in una sorta di novella dei “buoni e cattivi”, maschi in entrambi i casi, che non apre ad altre forme di racconto e di conoscenza. E ovviamente preclude così tante soluzioni, tante vie d’uscite possibili. 

Infine la recitazione delle attrice e degli attori, italiani quasi tutti, è semplicemente STREPITOSA. Non sono neanche riuscita a scegliere chi è più brava o bravo perché veramente sono tutti a livelli altissimi.

Guardatela se potete, guardatela quando potete. Vale la pena.

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La teiera della felicità – Confidenze nr. 35 Agosto 2020

Può un oggetto far riemergere ricordi e certezze? La casualità esiste oppure il destino talvolta trama per noi?

La storia di Giulia ci mostra che non tutto è programmabile …

10 - La teiera della Felicità 10 - La teiera della Felicità pag.2 10 - La teiera della Felicità pag.3

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La paura della preda, il passo veloce e le spalle curve

La paura della preda, il passo veloce e le spalle curve.

Quando ero bambina ho avuto il seno molto presto, già a dieci anni ho dovuto indossare un reggiseno. Non era colpa mia, è capitato così.
Sempre negli stessi anni in televisione traasmettevano Drive in e delle ragazze chiamate “maggiorate” se ricordo bene, andavano in giro con abitini provocanti e praticamente tette al vento. Tra loro spiccava una ragazza piuttosto procace: Carmen Russo. A scuola media iniziò un vero stillicidio nei miei confronti perchè la cantilena che mi seguiva ovunque “carmen russo,carmen russo, carmen russo” era insopportabile. Ovviamente non era colpa mia se ero fatta così, nè se un programma così cretino è andato in onda.

Poi l’adolescenza e le prime uscite senza genitori, parenti e affini, mi hanno fatto presto capire che alla cantilena poteva aggiungersi anche qualcosa altro. Canzonature in strada, qualche palpeggio involontario o meno, qualche tipo di violenza subdola o meno dove si accennava a procacità varie, tra cui la mia.
Per fortuna la corrazza ce l’ho, ma non è così dura da combattere chi si sente in diritto di prevaricare e allora c’era l’altro modo di combattere questa violenza. Violenza che è tutta maschile, va detto. Spesso era anche incosapevole di sè e per questa pure peggio. La violenza e l’ignoranza sono un binomio micidiale per le donne e per chi è un po’ o tanto diverso dall’accezione corente di normalità.

Ma tornando alla DIFESA, il modo era “passo veloce e spalle curve”, cioè nascondersi.

Per fortuna me la sono cavata e più che tutto sono cresciuta, eppure quella sensazione di paura che mi ha accompagnato durante quegli anni non l’ho dimenticata.

Ieri leggendo il bellissimo articolo di Jonatha Bazzi sulla prima pagina di DOMANI (cliccate qui per leggerlo) mi ha riportato alle mente quei momenti. Quando camminavo in paese per i fatti miei e si fermava vicino un’auto e un certo numero di ragazzi si arrocava il diritto di appellarmi in certi modi che niente avevano a che fare con me.  Quando non era ben chiaro se quella macchina poteva essere un problema o no, i ragazzi in branco sono imprevedibili. Quando aumentavo i passi e disdegnavo tutti per non dare a vedere che ero spaventata, Poi per fortuna arrivava una strada illuminata o qualche altro pedone e potevo respirare.

Leggendo Jonathan ho provto la stessa paura di allora. Ma da allora sono passati decenni e io vivevo in un piccolo paese del sud. Oggi a Milano, in centro,  non mi aspettavo che ancora bisognasse aver coraggio per camminare in strada, non nascondendosi tra due spalle curve come facevo io. Oggi a Milano se sei gay, diverso, e indossi pantaloni colorati è ancora un problema. Ci sono maschi che superato il periodo Drive in e altri del genere oggi si sentono in diritto ancora di offendere e impaurire altre persone.

La necessità di una legge contro l’omotransfobia oggi è più che mai viva e farà bene a tutti, da Milano centro al più piccolo paese italiano. L’avrei invocata anch’io una legge se avessi saputo all’epoca di averne diritto, ma neanche ne ero cosciente. Oggi che lo siamo coscienti e sappiamo quanto la libertà di espressione di ogni essere umano sia fondamentale perchè si possa vivere tutti in pace e bene, direi che dobbiamo urlare insieme.

Il mio urlo è questo.

 

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Giro del mondo in musica – Storia di Nicoletta e Chris – Maggio 2020

Christofer e Nicoletta sono una coppia di musicisti straordinari e unici. Hanno viaggiato in tutti i continenti inseguendo l’ispirazione ed esibendosi in luoghi insoliti. Nella loro ultima avventura hanno raggiunto Shangai via terra. Il loro viaggio vi conquisterà.

6 - Storia Nico e Chris - pag. 1 nr. 22 Maggio 2020 6 - Storia Nico e Chris - pag.2

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Poesie: Restistere alla paura

Che strumenti abbiamo per resistere alla paura …

Iddio, per chi crede, o la Natura, per gli altri,

concede ai bambini l’innocenza e agli adulti l’amore.

Innamoriamoci dunque … della casa, dei figli, del marito, della moglie, del compagno, della compagna, dei libri, dell’amante, della pittura, della scultura, del gatto, del cane, del canarino, della tartaruga, della cucina, dei piatti caserecci, delle melenzane pure …innamoriamoci della VITA.

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Alla luce del sole – La storia di Sabrina e Giusy – Febbraio 2020

La storia di Sabrina e Giusy è una grande storia d’amore.

Sul blog di CONFIDENZE è stata la più votata sul web, leggetela QUI

È stata attrazione a prima vista tra Giusy e me. Per anni, però, ci siamo nascoste per paura del giudizio altrui. Ma quello scudo che doveva difenderci si è trasformato in una gabbia, così ci siamo decise a uscire allo scoperto.

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L’amore è tutto, ed è tutto ciò che noi sappiamo dell’amore”. Non c’è altro da aggiungere ai versi meravigliosi ed eterni della poetessa Emily Dickinson sul significato dell’amore. Quasi 20 anni fa il mio sguardo ha incrociato quello di Giusy in un corridoio dell’albergo dove lavoravamo ed è stato amore. Entrambe non sapevamo, non potevamo sapere, che l’amore ci aveva già scelte, quello scambio di sguardi nei quali ci siamo rispecchiate l’una nell’altra era già tutto. Io avevo 22 anni, Giusy 25 e la nostra storia è iniziata così. Un colpo di fulmine. All’inizio eravamo solo noi, bastavamo a noi stesse. Avevamo tante cose da dirci, sentivamo il bisogno di conoscerci, la passione ci aveva travolte. Sapevamo che non sarebbe stato semplice, io e Giusy siamo due donne e il nostro sentimento poteva creare problemi e disagio a chi ci stava vicino. In una grande città si può essere meno al centro dell’attenzione, ma una storia come la nostra in un piccolo centro come Camaiore poteva far partire quella ridda di voci che può stringerti fino quasi a strangolarti. Per evitare problemi allora, abbiamo deciso di non parlarne con nessuno. Eravamo una coppia e questo ci bastava. Per tutti gli altri invece eravamo due amiche, inseparabili certo, ma pur sempre solo amiche. Poi il tempo ha iniziato a correre e gli anni sono fuggiti, il nostro amore invece è rimasto ed è diventato più grande ogni giorno. Il problema è che lo sapevamo solo noi e quello che era nato come uno scudo per difenderci dagli altri e per difendere anche noi stesse, piano piano si è trasformato in una gabbia. Doversi nascondere, non poter dire apertamente che si ama quella persona, anche semplicemente non poter prendere la mano dell’altra in pubblico era diventato un fardello che ci stava schiacciando. Stava diventando anche mortificante schivare domande imbarazzanti, talvolta anche ingenue: quando avremmo trovato l’uomo giusto decidendo di metter su famiglia, invece di bighellonare in giro sempre e solo tra amiche. L’imperativo era nascondere in ogni modo, tutelare le nostre famiglie, soprattutto la mia, che non avrebbe accettato, far sì che nessuno si accorgesse di noi. Ma può l’amore vivere avvolto in un mondo di menzogna? Forse no, probabilmente col tempo anche quello più potente se non trova la luce del sole sfiorisce e così stava succedendo a noi. Il nostro amore si stava spegnendo.

Poi due anni fa Giusy ha perso Rex, il suo amico a quattro zampe con il quale divideva la vita da 22 anni. Era vecchio e prima o poi sarebbe accaduto, ma Rex per lei era parte della famiglia ed elaborare il lutto è stato difficile. Proprio lei che aveva sempre avuto forza e coraggio anche per me, che da una vita mi chiedeva di fare quel benedetto passo avanti per dire a tutti che ci amavamo, lei, la Giusy combattiva e forte, sembrava essersi spenta. In quel momento ho capito che qualcosa doveva cambiare e che, se non l’avessi fatto, avrei rischiato di perdere il nostro amore, di perdere tutto. So che le lettrici e i lettori comprenderanno queste mie parole: chi di voi se vedesse soffrire la persona che ama non farebbe il possibile e anche l’impossibile per vederla di nuovo sorridere? Così ho preso il coraggio a quattro mani e insieme a Giusy abbiamo deciso di rendere pubblica la nostra relazione. Chi avrebbe capito, ci avrebbe seguito. Gli altri se ne sarebbero fatta una ragione. I pregiudizi si possono superare e ci siamo dette che la mia famiglia, dopo un primo momento di sbigottimento, ci avrebbe capite. La famiglia di Giusy lo aveva già fatto fin dagli inizi della nostra storia. Trovare il coraggio di parlare e dichiarare a tutto il mondo che si ha una relazione lesbica è stato come liberarsi di un fardello che avevamo portato sulle spalle per 15 anni. Anche Giusy ha iniziato a stare meglio. Potevamo finalmente vivere insieme senza doverci più nascondere, potevamo finalmente dire di essere una famiglia. Il nostro coming out però non è stato ben accetto, in particolare dalla mia famiglia. Purtroppo, hanno una visione ristretta dell’amore e non sono ancora riusciti a superare i pregiudizi che avvolgono le relazioni omosessuali. Forse provano vergogna, forse capiranno in futuro, non so, però io vado avanti. Se volevano la mia felicità, avrebbero accettato anche il mio matrimonio. Sì, perché adesso che potevamo vivere alla luce del sole, volevamo che la nostra coppia fosse riconosciuta da tutti come unica e indissolubile. Non si può vivere nascosti tutta la vita, e col tempo nascondersi e mentire consuma l’anima. Il nostro amore meritava molto più del buio di quattro pareti, l’unico luogo dove ci sentivamo libere di amarci. Per il nostro matrimonio, gli amici ci hanno aiutato nei preparativi ed è stato bellissimo sancire pubblicamente le nostre promesse. Ci siamo sposate il 31 agosto scorso e abbiamo scelto di seguire l’antico rito della rosa. Giusy è arrivata alla location che abbiamo scelto sul lago Puccini cavalcando Bucefalo, un bellissimo cavallo dal folto pelo scuro; quando l’ho vista, ho avuto la certezza di vivere una favola, la nostra. Poi davanti a tutti i presenti, compresa la famiglia di Giusy che era lì con noi, abbiamo pronunciato le nostre intenzioni e ci siamo impegnate a mantenere le promesse dichiarate. Ogni anno, nello stesso giorno, le rinnoveremo l’una verso l’altra. È stata una cerimonia commovente e rimarrà il giorno più bello della nostra vita. Per far sì che lo fosse ancora di più, ho deciso di fare una follia e, superando quella barriera che mi aveva bloccata per anni, ho progettato  un regalo speciale per Giusy. Lei, tra noi due, è quella che ha sempre avuto più problemi a confrontarsi con i giudizi altrui, e volevo fosse chiaro che la mia scelta era voluta, era mia, non imposta. Ho acquistato un’intera pagina del Tirreno, uno dei quotidiani più diffusi in Toscana, e ho annunciato pubblicamente che finalmente era il nostro momento, quel giorno ci saremmo sposate. Ho scelto di riaffermare ad alta voce un messaggio che volevo condividere con tutti. Coraggio deriva dal latino cor, cuore. Avere il coraggio di raccontare la storia di chi sì è veramente, a cuore aperto, è l’unico modo per raggiungere la felicità. E infine, dico a tutti, anche a quelli che da quando la nostra storia è pubblica e non hanno ancora smesso di additarci e di scrivere sui nostri social insulti irripetibili senza neanche conoscerci, ecco, a tutti, comprese queste persone, dico che la famiglia non è sempre una questione di sangue, a volte la famiglia sono le persone che ti vogliono nella loro vita semplicemente per quello che sei. La famiglia sono le persone che fanno di tutto per farti sorridere e che ti amano senza condizioni. Ecco, oggi io e Giusy siamo questo, siamo una famiglia.

 

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L’energia dell’amore, storia di Rosario Pellecchia – BLOG Confidenze

“L’energia dell’amore” di Giovanna Brunitto, pubblicata sul n. 52 di Confidenze, è una delle storie vere più apprezzate della settimana dalle lettrici e lettori.

Ve la riproponiamo sul blog QUI

Sono un deejay e ho mille progetti, la vita ha esaudito molti dei miei sogni di ragazzo. Nessuno però è immune dal dolore. Il mio ha a che fare con la malattia di mia mamma, che le ruba i ricordi. Allora mi affido al linguaggio del cuore
IMG_4433ciascuno di noi accade qualcosa che all’improvviso cambia per sempre il corso degli eventi: può essere una piccola cosa o una vicenda oggettivamente sconvolgente. La mia vita non fu più la stessa da quel pomeriggio in cui per la prima volta sentii le voci e la musica uscire da una scatoletta di legno. Mi dissero che quella cosa magica si chiamava radio e ne rimasi letteralmente folgorato: mi chiamo Rosario, anche se tutti mi chiamano Ross, e questa è la mia storia. Avevo 15 anni quando provai a diventare una di quelle voci: mi proposi alla radio della mia città, Castellammare di Stabia, con una faccia tosta che ancora oggi mi chiedo da dove fosse saltata fuori. Forse fu proprio l’innocenza della mia giovane età a disarmarli, così mi diedero un piccolo spazio. Mi dicevano che ero bravo per essere un principiante, e allora presi coraggio, cercando di imparare in fretta tutti i segreti di quel mestiere: due anni dopo passai a una radio più grande, e quando ne compii 18 mandai il provino a Radio Kiss Kiss di Napoli, la radio più importante del Sud Italia, nonché una delle più ascoltate a livello nazionale. Ero convinto che non mi avrebbero mai richiamato. Invece rimasi lì fino al 1996, anno in cui ricevetti un’altra chiamata, da un’emittente ancora più importante: Radio 105! Il trasferimento a Milano fu organizzato in fretta e furia, lasciai i miei genitori, due fratelli, una sorella e tanti amici, proiettato verso il futuro che desideravo. Da allora ho fatto davvero tutto quello che si può fare davanti a un microfono: programmi al mattino presto, a notte fonda, in diretta da New York, dove ho vissuto per sei mesi. Nel 2001 iniziai una collaborazione con Tony Severo, anche lui conduttore radiofonico. Insieme ci inventammo un format che metteva insieme intrattenimento leggero, interviste a personaggi famosi provenienti da diversi settori della vita pubblica e interventi degli ascoltatori: quel programma è ancora in onda, stabilmente e con grandi risultati di ascolto, ogni mattina tra le 10 e le 12.

 

A9343788In mezzo alle migliaia di ore di diretta ho fatto tante altre cose: cinque album insieme a Fabrizio Fiore, per il quale scrivo i testi in inglese e canto, collaborazioni con riviste, programmi televisivi e, di recente, un libro, uscito a maggio di quest’anno. Si intitola Solo per vederti felice e racconta una storia parzialmente autobiografica: quella della malattia di mia madre, alla quale quattro anni fa è stata diagnosticata la demenza senile.

I primi sintomi sono comparsi quando si è risvegliata dall’anestesia dopo un’operazione al femore, fratturato in conseguenza di una caduta: non appena aprì gli occhi apparve subito chiaro a tutti noi che qualcosa nella testa di mia madre si era rotto. Era confusa, agitata, incapace di ragionare in maniera logica. Qualche anno prima anche mio padre aveva subìto la stessa operazione, e purtroppo era mancato due settimane dopo. La vita, insomma, per quanto dolce possa essere, per quanto possa regalarti ciò che desideri ed esaudire i tuoi sogni di ragazzo, a un certo punto ti chiede il conto: è inevitabile, nessuno è immune dal dolore. Un dolore che ho cercato di lenire raccontando questa vicenda nel mio romanzo, nel quale alla realtà aggiungo elementi di finzione: il protagonista cerca di restituire il sorriso a sua madre attraverso un’idea folle e romantica che mette in pratica nel mese che è “costretto” a trascorrere con lei. Una strategia che si basa sulle uniche armi che il personaggio ha a disposizione: la sua fantasia e l’amore che prova dei confronti di sua madre, persa nell’incubo di quella terribile malattia. Raccontare questa storia mi è servito a esorcizzarne la sofferenza, e il grande successo del libro testimonia che migliaia di lettori hanno trovato lo stesso conforto tra quelle pagine. Quanto alla mia mamma, nella realtà, le cose non vanno benissimo: passerò con lei il Natale, ma inutile dire che non sarà lo stesso di anni fa. Nella terra in cui sono nato e cresciuto questa festa assume i contorni di una vera e propria epopea, un Carnevale di Rio fatto di abbracci, ricongiungimenti familiari, tavolate chilometriche, tombolate con le bucce di mandarino a coprire i numeri sulle cartelle. Soprattutto, tantissime cose buone da mangiare, dal cenone della vigilia, tradizionalmente a base di pesce, al pranzo di Natale, più a tema carne, al cenone di Capodanno: un tripudio di spaghetti alle vongole, baccalà, capitone, ragù, insalata di rinforzo, zeppole varie, mustaccioli e struffoli. Un flusso continuo di leccornie che mi fanno tornare bambino, complici certi rituali che sono sopravvissuti nonostante l’inesorabile passare degli anni: per esempio, gli zampognari al mattino presto annunciano alla città che il Natale è alle porte. Per non parlare del presepe, che ogni papà prepara con i figli usando la colla di pesce e la carta di giornale.

Tuttavia, le cose cambiano e, quando diventi a tua volta un adulto, il Natale, purtroppo, non è più lo stesso. Mio papà è da qualche parte, lassù: me lo immagino come nello spot del caffè che insegna a qualche angelo la procedura per allestire il presepe. Mia mamma, per fortuna, è ancora qui, ma il suo ruolo è cambiato: una volta era lei l’instancabile deus ex machina del Natale, capace di cucinare per decine di parenti con una forza d’animo e uno spirito di organizzazione degni del più esperto e tenace degli chef. Oggi quella donna ha lasciato il posto a una persona diversa, minata nel corpo e nello spirito da una malattia inesorabile che la sta spegnendo poco a poco. Quando hai una mamma in queste condizioni, passi il tempo nell’angosciante attesa che, quando la rivedrai, ti farà la più terribile delle domande, quella che nessuna madre dovrebbe mai porre a suo figlio: «Chi sei?». È solo questione di tempo, potrebbe succedere da un momento all’altro, forse proprio questo Natale. Eppure sono sicuro che anche quest’anno, quando finalmente arriverò a casa il pomeriggio della vigilia, l’abbraccerò, le farò una carezza, la guarderò negli occhi e, nonostante tutto, ritroverò un barlume di quello sguardo dolce e rassicurante che mi faceva sentire il figlio più amato e fortunato del mondo. Perché per quanto i ricordi possano svanire, portandosi via pezzi di vita, esperienze, giorni passati insieme, a tratti l’identità stessa di un essere umano, c’è un’energia che è più forte di tutto questo. Quell’energia si chiama amore.

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Libri: La treccia di Laetitia Colombani

Questo libro mi ha catturato sin dalle prime pagine…

Probabilmente era il momento giusto per una romanzo di pura narrativa dopo tante letture di storie reali, biografiche e di saggi. Oppure probabilemente mi è piaciuto perchè è proprio un bel libro che intreccia tre storie di donne in modo mirabile e che in poche righe ti prende per mano e ti porta in India, per poi saltare a Palermo e infine approdare in Canada.

I capelli legano le storie di tre donne attraverso una treccia grande e la treccia di una bambina.

Mi sono ritrovata a fare il tifo per il viaggio di una, a sperare che l’amore potesse aiutare e sostenere un’altra e ad arrabbiarmi per l’ultima arrivata. Ma ho amato queste tre donne, così diverse, così lontane eppure così simili nella battaglia quotidiana per affermare sè stesse.

Leggetelo se vi piacciono le storie belle.
Leggetelo se vi piacciono le donne forti e indomite.
Leggetelo se amate le scrittrici che con poche parole sanno disegnare ampi panorami.

Leggetelo comunque perchè alla fine dona una bella sensazione di felicità.

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Libri per l’estate: tutti quelli di “Reading with joy”

L’estate 2019 ha un disperato bisogno d’amore: di parole sensibili, termini buoni, espressioni dolci, sorrisi nascosti sotto vocaboli, verbi che uniscono. Abbiamo bisogno di storie che ci facciano sognare e anche capire che la vita non è un “urlo verso l’altro”, che condividere e aprirsi, superare pregiudizi e imposizioni esterne, ci permette di amare e essere amati.

Allora TUTTI i 5 romanzi fino ad ora pubblicati da “Reading With Joy” sono perfetti e CONSIGLIATISSIMI per letture al mare, in montagna, in collina, in campagna, in pianura, in città e in tutti i paesi d’Italia e esteri.

Ecco i primi 3:

FUOCO di Roselina Salemi: intensa ed elettrica storia d’amore tra un’avvocatessa e un giovane manager dal passato oscuro. La travolgente passione che li spingerà uno verso l’altro farà loro superare le barriere che avevano eretto a difesa del mondo.

MISSING di Annalucia Lomunno: una rockstar scompare misteriosamente e due donne, pazzamente innamorate di lui, sono alla ricerca della soluzione del giallo o sono coinvolte nella scomparsa? Un thriller con sfumature noir e rosso come la passione.

IO ALL’IMPROVVISO di Federico Toro: una strada imboccata per distrazione porta su un sentiero impervio e arriva anche un temporale. Il momento che sembrava il peggiore cela invece un incontro che si rivelerà magia. La dolcezza di Betta è romanticismo allo stato puro.

Per Natalja e Voglio amarti vi dirò dopo agosto …

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Libri: “Resto umano” di Anna Paola Lacatena

AVVISO ai Signori Lettori e alle Signore Lettrici: Resto umano di Anna Paola Lacatena è un libro con una storia, vera, che TUTTI dovremmo leggere.

La storia di Mike è singolare e comune allo stesso tempo. Una bambina che già dall’infanzia non si ritrova nel suo corpo di femmina e cerca, come può, di affermare una sua identità. Ma la vita è dura per tutti, figurasi per chi è già “marchiato” come diverso, come altro, già alle elementari!
Ed è qui nella fase di crescita di Mike che possiamo ritrovarci … ognuno di noi ha una strada davanti e la percorre con i mezzi che ha. Quelli di Michela sono scarsi e segnati dalla rabbia, le strade sue sono difficili e pericolose divise tra tossicodipendenza e sieropositività, eppure lei le percorre e trova un sentiero che la rimetterà in piedi.
L’amore, quello vero, e l’unione con un’altra anima ferita le darà la forza per diventare Mike e di andare avanti.
Oggi Mike aiuta gli altri e, finalmente, la bellezza vera della sua anima è venuta a galla. In un corpo di uomo o donna, alla fine conta veramente poco.

Di Anna Paola Lacatena – sociologa giornalista, dirigente del dipartimento dipendenze patologiche della Asl di Taranto – vi consiglio di leggere tutto. In particolare se oltre alla storia, vi interessa anche uno sguardo tecnico e professionale.
In “Resto umano”, la seconda parte è dedicata alla disamina della legislazione attuale sul trattamento delle tossicodipendenze.

BUONA LETTURA e BUONA VITA

p.s. Chinaski editore è da seguire qui , un editore che merita attenzione

Resto umano

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