La paura della preda, il passo veloce e le spalle curve

La paura della preda, il passo veloce e le spalle curve.

Quando ero bambina ho avuto il seno molto presto, già a dieci anni ho dovuto indossare un reggiseno. Non era colpa mia, è capitato così.
Sempre negli stessi anni in televisione traasmettevano Drive in e delle ragazze chiamate “maggiorate” se ricordo bene, andavano in giro con abitini provocanti e praticamente tette al vento. Tra loro spiccava una ragazza piuttosto procace: Carmen Russo. A scuola media iniziò un vero stillicidio nei miei confronti perchè la cantilena che mi seguiva ovunque “carmen russo,carmen russo, carmen russo” era insopportabile. Ovviamente non era colpa mia se ero fatta così, nè se un programma così cretino è andato in onda.

Poi l’adolescenza e le prime uscite senza genitori, parenti e affini, mi hanno fatto presto capire che alla cantilena poteva aggiungersi anche qualcosa altro. Canzonature in strada, qualche palpeggio involontario o meno, qualche tipo di violenza subdola o meno dove si accennava a procacità varie, tra cui la mia.
Per fortuna la corrazza ce l’ho, ma non è così dura da combattere chi si sente in diritto di prevaricare e allora c’era l’altro modo di combattere questa violenza. Violenza che è tutta maschile, va detto. Spesso era anche incosapevole di sè e per questa pure peggio. La violenza e l’ignoranza sono un binomio micidiale per le donne e per chi è un po’ o tanto diverso dall’accezione corente di normalità.

Ma tornando alla DIFESA, il modo era “passo veloce e spalle curve”, cioè nascondersi.

Per fortuna me la sono cavata e più che tutto sono cresciuta, eppure quella sensazione di paura che mi ha accompagnato durante quegli anni non l’ho dimenticata.

Ieri leggendo il bellissimo articolo di Jonatha Bazzi sulla prima pagina di DOMANI (cliccate qui per leggerlo) mi ha riportato alle mente quei momenti. Quando camminavo in paese per i fatti miei e si fermava vicino un’auto e un certo numero di ragazzi si arrocava il diritto di appellarmi in certi modi che niente avevano a che fare con me.  Quando non era ben chiaro se quella macchina poteva essere un problema o no, i ragazzi in branco sono imprevedibili. Quando aumentavo i passi e disdegnavo tutti per non dare a vedere che ero spaventata, Poi per fortuna arrivava una strada illuminata o qualche altro pedone e potevo respirare.

Leggendo Jonathan ho provto la stessa paura di allora. Ma da allora sono passati decenni e io vivevo in un piccolo paese del sud. Oggi a Milano, in centro,  non mi aspettavo che ancora bisognasse aver coraggio per camminare in strada, non nascondendosi tra due spalle curve come facevo io. Oggi a Milano se sei gay, diverso, e indossi pantaloni colorati è ancora un problema. Ci sono maschi che superato il periodo Drive in e altri del genere oggi si sentono in diritto ancora di offendere e impaurire altre persone.

La necessità di una legge contro l’omotransfobia oggi è più che mai viva e farà bene a tutti, da Milano centro al più piccolo paese italiano. L’avrei invocata anch’io una legge se avessi saputo all’epoca di averne diritto, ma neanche ne ero cosciente. Oggi che lo siamo coscienti e sappiamo quanto la libertà di espressione di ogni essere umano sia fondamentale perchè si possa vivere tutti in pace e bene, direi che dobbiamo urlare insieme.

Il mio urlo è questo.

 

{lang: 'it'}
Be Sociable, Share!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *