Del perché dovremmo declinare al femminile le cariche politiche e lavorative: per essere Ministra o Sindaca, avvocata o ingegnera.

Dobbiamo, più che dovremmo! Al momento, le voci sull’argomento sono discordanti. La motivazione più diffusa e immediata è che i termini Ministro, Sindaco, Assessore come pure avvocato o ingegnere, declinati al femminile sono brutti da pronunciare e da ascoltare.
Ciò in parte è vero. Secondo me, però, a motivazioni di carattere strettamente linguistico si affianca anche un robusto pregiudizio culturale. Mantenere nel linguaggio termini legati alla gestione del potere al maschile, seppur la posizione sia occupata da una donna, perpetua l’idea che il potere è degli uomini. Come se la momentanea presenza di una donna, non scalfisse, nei fatti un “posto” che è maschile.
Qualcuno può addurre che trattasi di “questione di lana caprina”, ma credo che dopo un primo approccio semplificativo, abbiamo il dovere di soffermarci sul punto.
Le parole hanno un peso ed in taluni contesti, come quelli giuridici o di potere, non rappresentano solo la “forma” di un discorso ma diventano esse stesse “sostanza”.

Dire Ministra significa riconoscere alla persona che si ha davanti il ruolo che in quel momento occupa. Significa che implicitamente accettiamo, tutti, che una donna non sta occupando per sbaglio una posizione maschile, come per un disguido che sarà sanato appena andrà via.
Con l’utilizzo “formale” del termine femminile, riconosciamo “sostanza al ruolo delle donne” in occupazioni maschili.
E vorrei che fosse chiaro che tutto ciò non è scontato o normale. Tutto questo è un diritto precluso fino a poco tempo fa alle donne e proprio perché un diritto “giovane” va coltivato e sostenuto più e meglio di diritti consolidati.

Per chi volesse approfondire l’argomento, rinvio ad un bellissimo articolo pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca:
http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-mese/infermiera-s-ingegnera

 

 

 

 

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Del perché Saviano mi urta i nervi e del perché Saviano ha ragione

Saviano … Saviano … Saviano …
chi lo ama tantissimo e chi lo odia con uguale forza. Una delle poche persone sulle quali ho sentito e letto tutto ed il contrario di tutto. Ragioni valide da entrambi le parti. E’ troppo napoletano, non lo è abbastanza. Ama la sua città, la odia tanto da denigrarla appena può. E’ passionale, no è un esaltato. Di tutto, insomma.

E poi arriva questa notizia: Sparatoria a Napoli nel centro storico il giorno prima della Befana. Colpita bambina di 10 anni al piede da proittile vagante. Altri 3 feriti lievi tra i passanti.
La bambina era napoletana, forse neanche di quelle ricche, e visto questi e altri presupposti, la notizia data ha preso un’altra piega e si è focalizzata sulla polemica, molto più “importante”, di De Magistris verso Saviano che ha denunciato il fatto sulle pagine di un quotidiano. Il Sindaco ha accusato lo scrittore di infangare la città per fini di lucro. Ho seguito la polemica inutile di cui non sentivo nessun bisogno e mi sono fermata a pensare.

E se la notizia fosse stata questa:

MILANO in una sparatoria nel centro città, vicino ai luoghi del potere e del turismo, viene ferita ad un piede una bambina di 10 anni, oltre ad altre 3 persone lì presenti. La bambina viene operata d’urgenza e per fortuna sta bene.

Se fosse accaduta a MILANO o in un’altra qualsiasi città, possibilmente del Nord Italia, e fosse stata colpita una bimba di 10 anni ad un piede da un proiettile, siamo sicuri che staremmo a discutere sul fatto che “certe cose” è meglio non dirle o dirle enfatizzando anche le cose positive che pur ci sono in quella città?!?
Credo proprio di no.
Fintanto che Napoli (città composta da noi uomini e donne) non prenderà atto che queste barbarie sono inaccettabili e non le accetterà più, la barbarie resterà.
Roberto Saviano è urticante ma è una voce che si leva a denuncia di questo.

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Incontro “Discorso sul femminile” 01 Dic 2016 …il caso Elena Ferrante

TIM Equity & Inclusion Week 2016 è la settimana dedicata all’ “EQUITY & INCLUSION” che ha come obiettivo principale la promozione dell’inclusione, letta nel senso più alto del termine,dare «a ciascuno gli strumenti per competere alla pari e per dare il meglio di sé».

Rachele Catanese ed io abbiamo proposto un progetto che ha comefocus la differenze di genere. Quindi un discorso sul femminile imperniato tra letteratura ed arte.
Per la letteratura, parlerò del caso ELENA FERRANTE …

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Milano, 19 Novembre 2015 – Presentazione libro Middlesex di J. Eugenides

 

Settimana della Diversity in Telecom Italia

Milano, 19 Novembre 2015

Giovanna Brunitto e Rachele Catanese presentano l’opera Middlesex di J.Eugenides che affronta il tema della diversità di genere, anche attraverso la visualizzazione di due opere d’arte.

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IO AMO di Vito Mancuso

Io Amo è uno dei migliori libri del filosofo e teologo, Prof. Vito Mancuso. E’ un libro maturo e pensato che mette in luce la posizione sull’Amore di Mancuso che spesso ha suscitato con le sue idee innovative e non dogmatiche l’ira e la disapprovazione della Chiesa ufficiale.

Il libro, e sono parole dell’autore, è “un tentativo di dire in poche pagine ciò che non basta una vita intera ad imparare”. E per me il tentativo è riuscito. Il libro è profondo eppure discorsivo allo stesso tempo. Il primo capitolo affronta il primo innamoramento che tutti noi ricordiamo per lo stupore che ci ha colti nel trovarci di fronte una persona che con la sua esclusiva presenza ci ha riempito la vita. E tutti ricordiamo quel primo sguardo, quel batticuore, quell’odore, quel sorriso. L’Amore poi è affrontato secondo una visione filosofica e storica. Ci si innamora oggi nello stesso modo nel quale ci si innamorava ai tempi degli uomini di Neanderthal. Dal punto di vista biologico, l’amore che ci coglie è spiegato da una serie di molecole si attivano e ci “fanno stare bene”. Ma è evidente che non tutto è spiegabile da un punto di visto della biologia. Il perché proprio quella persona fa scattare in noi la scintilla dell’amore resta un mistero. E Mancuso individua nel mistero dell’amore, nello scatto segreto dell’innamoramento, la forza suprema che muove il mondo. E che ci mette in comunione, noi piccoli esseri nell’universo, con il grande mistero che muove tutto il creato. La scintilla che misteriosa si dipana dalla materia oscura, di cui è formato la maggior parte dell’universo, e che crea una galassia, un sole, un pianeta è la stessa scintilla che ci muove in una dato momento verso una certa persona. E’ una forza suprema che ci mette in moto e ci attiva.Vito-Mancuso-cover-IO-amo_305x380

La seconda parte del libro verte sulla posizione del teologo verso gli amori “diversi” ed è stupefacente quanto un teologo possa essere così moderno. La critica verso il catechismo che inchioda la sessualità a mera esecuzione ai fini della procreazione è feroce e diretta. Senza mezzi termini, Mancuso auspica cambiamenti drastici in tal senso. La sua apertura verso l’amore omosessuale, in tutte le forme sotto cui si può presentare, è totale. Pone solamente un diktat, che vale per qualsiasi tipo d’amore: l’Amore deve essere vissuto da ciascuno liberamente e nel rispetto dell’Altro, senza imposizioni o costrizioni; ogni coppia può e deve crescere insieme. In questo accezione l’Amore è specchio della forza divina. Quando, invece, diviene consumo del corpo e fame bulimica di sentimenti, allora è da evitare perché è spreco e disordine.

Consiglio questo libro, in particolare la seconda parte a chiunque voglia comprendere il senso delle vita e regolarlo secondo la forza dell’Amore

 

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… in tempo di crisi

Due donne in metrò discorrono ad alta voce.

<<Ma hai visto che la Mussolini ha perdonato il marito che è andato con delle prostitute minorenni.>>

<<Ah figurati! Io mio marito lo perdonerei solamente se a prostituirsi fosse lui e porterebbe i soldi a casa.>>

!!!!

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Il corpo umano di Paolo Giordano

Odore … la realtà è odore. E’ tatto. E’ anche coraggio e paura insieme. Coraggio per partire verso la guerra e paura per poterla scansare, o semplicemente cavarsela. Il senso di onnipotenza pervade la prima parte del libro, come la prima parte della vita … di quando si è ragazzi, e tutto è tuo e tutto sembra non dover finire mai.
E allora anche un’uscita in una landa desertica … è un’occasione per mettersi alla prova e andare fuori: perchè la guerra dei nervi, dell’attesa è la più difficile da combattere! Specie se si è giovani.
Ma ordini sbagliati, dati con leggerezza mettono a repentaglio la vita di questi soldati e saltano gli schemi consolidati. In un attimo si diventi grandi, anzo vecchi e tutto non è più come prima. La morte insieme cesura e realtà.
Ho amato molto questo libro di Giordano, molto più del suo primo che mi è parso incompiuto. E ho amato la sorte di questi ragazzi che tornano dalla guerra, non tutti, feriti ma adulti. Chi può mette i conti in pari … ma non sempre vi a pareggio, purtroppo. La realtà non fa sconti a nessuno. Bellissimo il cameo della soldatessa Giulia, finalmente una donna vista in un ruolo diverso dalla madre, moglie, amante, svampita, arrampicatrice, insomma fuori da un luogo comune. Eppure donna, anche in un plotone di uomini, anche in guerra.
Da leggere ..

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8 marzo – La Festa dell’onnipresente senso di colpa

Festa … Festa … Festa!!! Ma siamo sicuri che ci sia da festeggiare?

Si festeggia una ricorrenza, un anniversario, un compleanno … un giorno, cioè, che ricorda un evento speciale ma le donne, noi, oggi cosa dobbiamo ricordare? Qual è l’evento speciale che sottende la nostra festa?

Non credo sia la possibilità di uscire una sera fuori con amiche o simili per una pizza, una serata per ballare o nelle occasioni più spregiudicate per uno spogliarello maschile o giù di lì ….
Eppure per molte di noi e, forse, per la maggioranza l’8 Marzo si riduce a questo!
E’ riduttivo? No è come stanno le cose, oggi!
Si potrebbe imputare la responsabilità alla tv che mercifica il corpo femminile, ma allo stesso tempo si può ribattere che la tv è seguita per la maggior parte del tempo da donne. Si potrebbe dire che la colpa sia del potere maschile che impera ovunque, dal mondo della politica, alle imprese e comunque nei posti che contano? Si potrebbero trovare tante colpe e tanti imputati, ma niente di tutto ciò riuscirebbe a mattere a fuoco perchè l’unico momento che, nella pratica, dedichiamo “forse” esclusivamente a noi stesse sia un giorno solo all’anno, anzi un pomeriggio o solamente una serata. A molte neanche quello!
Il problema per le donne è, secondo me, l’onnipresente senso di colpa e di inadeguatezza. Per qualsiasi cosa facciamo o diciamo, di fondo, sappiamo che stiamo rinunciando o togliendo spazio e tempo a qualcosa d’altro.

  • Siamo a lavoro, pensiamo alle cose da fare a casa.
  • Siamo a casa, pensiamo a quello che abbiamo traslasciato a lavoro.
  • Abbiamo un figlio, pensiamo al tempo che togliamo al nostro compagno.
  • Abbiamo il secondo figlio, pensiamo al tempo che togliamo al primo e così via …
  • Usciamo per una passeggiata o per guardare vetrine, pensiamo che per la cena stasera non abbiamo niente in frigo di già pronto.
  • Se siamo single, anche quelle più incallite e determintate a restare tali, prima  o poi troviamo qualcuno o più spesso qualcuna che ci chiama zitelle e penseremo che la colpa della condizione “indesiderabile” è nostra …
  • Se siamo in coppia, pensiamo che le single si tengono meglio di noi perchè hanno tempo e probabilmente voglia ed è per questo che spesso i nostri compagni si distraggono
  • Se il nostro compagno ci maltratta, pensiamo che abbiamo un carattere insopportabile e che lui fa bene a comportarsi così perchè una come noi chi la vorrebbe?

L’elenco è ancora molto lungo ed ognuno può riempirlo come vuole … il leitmotiv è il perenne senso di colpa e di inadeguatezza.  Non importa in che posizione sociale ti trovi  o che ruolo occupi ( anche se per chi è economicamente e culturalmente  indipendente la situazione è migliore ), se sei una donna sei meno all’altezza di quello che gli altri si aspettano da te. 
E quando potremo quindi mai festeggiare? Quando tra gli altri, quelli che si aspettano di più da te, saranno appunto solo “altri” e NOIci piaceremo così come siamo, con le nostre mancanze e debolezze.
Quando ogni donna stimerà l’immenso PATRIMONIO EMOTIVO che la natura le ha regalato e comprenderà che è un tesoro inestimabile e più che adeguato per vivere una vita, qualsiasi essa sia, degna di essere vissuta. In ogni sua sfaccettatura, in ogni suo momento.

BUONA FESTA delle DONNE a tutti

 

 

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27 Gennaio – Il giorno della memoria. I libri

I miei libri sulla Shoah ( non necessariamente in ordine ) :

  • Se questo è un uomo di Primo Levi – un libro che ogni persona dovrebbe leggere perlomeno una volta nella vita.
  • La tregua di Primo Levi – per tutti coloro che devono riprendere a vivere dopo essere morti nello spirito.
  • Anni d’infanzia di Jona Oberski –  gli occhi di un bambino guardano l’orrore.
  • Lasciami andare madre di Helga Schneider – difficile commentare questo libro scritto meravigliosamente bene. Avere una madre che ti abbandona a cinque anni per entrare nelle SS e diventare assistente di Mengele nelc ampo di concentramento di Auschiwtz è un destino crudele. Scoprire che lei non si è mai pentita della scelta è oltre la capacità di comprendere …
  • La famiglia Moskat di Isaac Bashevis Singer – affresco incantevole di una famiglia ebraica con tantissimi protagonisti. Il romanzo si ferma un attimo prima dell’arrivo dei tedeschi a Varsavia, arrivo che segnò definitavamente la fine dell’Ostjudentum, la società ebraico-orientale, con i suoi riti e la sua cultura. 
  •  La legge dei padri di Turow Scott – il romanzo è un legal-thriller americano che poco c’entra con la grandezza e drammaticità dei libri precedenti ma nel finale c’è un richiamo ad un episodio vissuto nei campi di concentramento polacchi che merita da solo la lettura del libro.
  • La lente focale. Gli zingari e l’olocausto di Otto Rosenberg – per ricordare tutte le vittime innocenti dei campi di concentramento.
  • Ogni Cosa È Illuminata di Jonathan Safran Foer – un romanzo-viaggio in un Ucraina da parte di giovane americao che ritrova le sue radici. Strano, feroce, freddo e fortemente crudo nel descrivere il clima di indifferenza con la quale gli ebrei ucraini vennero sterminati, sia dalla popolazione ucraina prima sia dai tedeschi dopo.

Ce ne sono tanti altri, ancora e probabilemente anche migliori… ma questi hanno lasciato un segno.

Buona lettura.

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27 Gennaio – Il giorno della memoria. Il viaggio

 

Entrata di Auschwitz – 12 Giugno 2012: io e Andrea

Non ci sono parole adatte, neanche quelle terribili possono dare l’idea. Un orrore!

Nella palazzina-carcere, soffocante persino in una luminosa giornata di giugno, Andrea si avvicina ad un antro murato per metà, altezza un metro, non di più, e dice inorridito pensando al cagnolino dei nonni:

<<Mamma, ma qua dentro tenevano il cane?>>

La guida gli risponde al posto mio:

<<No, ci facevano entrare quattro (4) persone dentro e chiudevano la stia per una notte intera. Al mattino i sopravissuti, se non avevano ossa rotte, andavano a lavorare nelle fabbriche.>>

Ho preso Andrea per mano e siamo usciti fuori. La nostra visita è finita lì!

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