Progetto Gli Invisibili 2021: Le cattive di Camila Sosa Villada

Mai nessuno ci chiama per nome, se non noi. Il  resto delle persone ignora i nostri nostri nomi …

La potenza del libro si può riassumere in queste sole parole. Nessuno considera le trans come persone. Le trans sono le ultime delle ultimi, gli ultimi degli ultimi. Le trans non esistono se non in alcune zone della città e nelle ore notturne. Di giorno tutti distolgono lo sguardo, chi incontra trans guarda altrove oppure accusa apertamente, anche coloro che solo alcune ore prima hanno diviso con loro sesso e sudore.

Un libro doloroso e magico, allo stesso tempo. La comunità di trans che affolla la casa di Zia Encarna vi conquisterà dalle prime righe. La gioia di vivere, come la tristezza, il dolore, l’esclusione, la repulsione sono in ogni pagina del libro. Il ritmo della scrittura di Camila Sosa Villada è travolgente e ci accompagna dall’infanzia del ragazzino che voleva essere altro, fino all’università e alla strada del parco, dove finirà per prostituirsi. Forse l’unico posto dove riuscirà ad essere davvero ciò che sente in ogni fibra del corpo.

Leggetelo, ci si trasforma in mamme impossibili eppure carnali e accoglienti, in passeri con piume leggere più vere di qualsiasi volatile, in donne che amano ogni giorno con gioia, in uomini che sono in grado di amare oltre l’apparenza, in splendori degli occhi lieti di essere accolti. Ciascuno troverà la sua via oltre il genere o la categoria nella quale si ritrova.

Punta all’essenza, Le cattive e lo fa prendendo una strada lunga e tortuosa. Passando per l’Inferno e non è detto che noi che siamo stati a guardare, molto spesso, noi che abbiamo giudicato, molto di più, siamo, come spesso ci consideriamo, la parte migliore della società.

Le Cattive

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Progetto Gli invisibili 2021: ITALIANA di Giuseppe Catozzella

La storia la scrive chi vince.

Quando si parla della storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, mai parole sono state più veritiere. Esiste un pezzo di storia volontariamente dimenticata, quella che riguarda le rivolte dei contadini/briganti del sud Italia post unificazione, oggi considerata la prima guerra civile italiana.

Non è una storia lineare, non ci sono personaggi esclusivamente buoni e personaggi cattivi, non c’è solo il bianco e il nero, non c’è solo la quasi “agiografia” di Garibaldi, c’è molto altro da raccontare, da conoscere, da approfondire e fintanto che non avremo affrontato  tutti coloro che hanno preso parte all’Unità d’Italia non potremo mai dire che la storia del nostro Paese è completa.

ITALIANA rimedia a parte di queste colpe, mettendo in luce la vita e la persona di Maria Oliviero, conosciuta come Ciccilla, unica brigantessa italiana ad essere stata a capo di una banda.

Il brigantaggio postunitario che esplose nelle regioni del Sud Italia è un fenomeno colpevolmente misconosciuto, sia per non creare ulteriore emulazione delle attività dei Briganti, sia perché le feroci repressioni che caddero come mannaie su popolazioni già gravemente provate dalla miseria più nera che si possa immaginare non furono certe imprese di cui vantarsi.
Una storia atroce che non fa onore  nessuno e per questo condannata alla damnatio memoriae dai vincitori (gli italiani). Eppure, oggi più che mai, è necessario conoscerla perché è solo partendo da quello che accadde, dalle comprensioni delle ragioni degli uni e degli altri che potremo comprendere e finalmente affrontare:

  • l’atavica sfiducia delle popolazione meridionali nei confronti dello Stato
  • la copertura territoriale, quando non connivenza, con i fenomeni malavitosi
  • l’arretratezza economica del Sud dal quale dopo ancora 140 dall’unificazione non ci siamo liberati
  • il pregiudizio morale e culturale di chi è economicamente più forte e gestisce il potere verso chi non ha la stessa forza ( il nord contro il sud per intenderci).

ITALIANA mi ha letteralmente rapita. Maria è una donna di un’intelligenza vivace e precoce, una donna che si fa domande alle quali non trova risposte, una donna moderna anche negli atteggiamenti verso la violenza degli uomini sulle donne, una donna illusa, come tutte le popolazioni del sud, dalle promesse garibaldine che non troveranno nessuna concretezza nella realtà.
Il giogo dei vecchi padroni devoti alla monarchia borbonica si trasforma e diventa nuovo giogo dei vecchi padroni devoti alla monarchia sabauda. L’unica reazione possibile è darsi alla macchia, delinquere. Non è una scelta, è appunto l’unico modo per gridare che “così non va bene”. Nessuno ascolterà la voce di Maria, di lei nemmeno si sa con esattezza che fine abbia fatto. Il libro offre un’ipotesi, ma probabilmente la donna una volta catturata venne trasferita nel carcere di Fenestrelle, in Piemonte, dove morì.

Leggete ITALIANA. Giuseppe Catozzella ha scritto un libro bellissimo che merita molto.
Se avessi potuto e saputo farlo lo avrei scritto io, l’idea di parlare di Ciccilla mi era venuta una quindicina d’anni fa e chiesi un aiuto ad un professore dell’università di Napoli per recuperare dati ufficiali e documenti. Mi rispose, ghiacciandomi, che non era proprio il caso di parlarne, che non c’era niente a riguardo e che era meglio che quella storia venisse dimenticata. Per mia colpa, lasciai correre. Lui era un famoso meridionalista e mi sembrava scortese insistere. Non avevo conoscenze adeguate per poter ribattere il suo ragionamento e mi arresi. Per fortuna Giuseppe Catozzella ha avuto quel coraggio e lo ringrazierò sempre nell’unico modo che conosco, consigliando a TUTTI, ma proprio tutti, di leggere ITALIANA.

Avevamo un bisogno disperato di questo libro e manco lo sapevamo.

 

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Libro: “America non torna più” di Giulio Perrone

“Due giorni a Napoli mi insegnarono che non esiste via di fuga possibile della proprio vita.”

AMERICA NON TORNA PIU’ è l’ultimo libro di Giulio Perrone, edizioni HarperCollins. L’autore ripercorre la sua giovinezza e il rapporto con suo padre, mancato per una malattia incurabile all’età di 56 anni. Quanto sia complesso il rapporto padre/figlio lo si comprende subito dalla prime righe. L’amore che li lega è viscerale ma è silenzioso, si esprime più attraverso codici che vere e proprio parole di tenerezza.

Uno dei codici utilizzati tra uomini è quello del calcio, il “campo” neutro dove ci si può esprimere anche mostrando vulnerabilità e commozioni che in altri frangenti sono socialmente preclusi ai maschi. Padre e figlio si ritrovano così:

“La Roma come ago perfetto dei nostri stati d’animo. Un filo che non si è mai spezzato, neanche negli anni in cui eravamo più distanti”

Giulio è figlio unico e le aspettative della famiglia lo sommergono, in particolare quelle del padre spesso bloccano quelle che sono le sue vere attitudini. L’adolescenza così diventa scontro. Il cammino verso l’età adulta che quasi per tutti porta ad una ricomposizione dei rapporti in questo caso si spezza. La malattia porta via il padre di Giulio nel giro di qualche mese e saranno propri questi mesi il nucleo centrale del libro.

La MORTE è un momento della vita che non sappiamo più affrontare, non abbiamo oggi le capacità, la pazienza, gli strumenti emotivi per comprenderla. Siamo costantemente catapultati in vortici vitali che escludono qualsiasi riferimento alla morte e quando ce la ritroviamo davanti non sappiamo cosa fare, così ognuno ci si arrangia come si può.
La rabbia e la voglia di fuggire che Giulio prova e descrive benissimo sono costanti in chi ha avuto la sventura di avere una persona cara che viene a mancare per una malattia incurabile. L’esasperazione, anche fisica, che si accompagna all’inutilità di qualsiasi gesto possibile diventano compagne con le quali percorrere l’ultimo pezzo di strada di vita del padre. Il pudore tra loro impedisce il resto.

E’ stato profondamente commovente leggere “America non torna più”, in diversi tratti anche divertente, in particolare quando si ritrovano le storie di un gruppo di ragazzi romani a cavallo degli anni “60 e “70 che riescono anche a vedere il mitico concerto dei Beatles del 1965 nella capitale.

Una storia di amicizie e di amori veri, di scontri e di riappacificazioni, di parole non dette che finalmente hanno trovato una loro via.
Una storia d’amore di un figlio verso il proprio padre.

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Libro: “Maria. Nata per la libertà” di Amalia Frontali

Avevo Due Paure,

La prima era quella di uccidere

La seconda era quella di morire.

( Giuseppe Colzani)

Apro con questi versi meravigliosi di Giuseppe Colzani, partigiano dell’Ospedale Niguarda, che in pochi versi riesce a cogliere tutto l’orrore e la profonda ferita che la guerra civile italiana ha portato negli animi delle persone.

Anche il libro di Amalia Frontali sceglie questi versi per iniziare il racconto di Maria Peron, infermiera milanese di Niguarda, datasi alla macchia nel 1944 per sfuggire all’arresto e riparata in Val d’Ossola dove cura e presta aiuto alle brigate partigiane di montagna.

Ho sentito parlare di questo libro da un’amica che però, non avendolo ancora letto, non sapeva darmi ragguagli. Ho accolto quindi il consiglio di seconda mano e sono andata a sbirciare le prime pagine. Sono rimasta letteralmente incollata alla storia. Maria dalle prime righe mi ha preso per mano e trascinato con lei dal ciglio in un cornicione dell’ospedale milanese dove lavorava fino agli scalcagnati sedili di legno della terza classe di un treno per le valle e poi su di corsa verso le montagne della Val d’Ossola.
Sono sincera pensavo all’inizio ad un romanzo ma, man a mano, che mi addentravo nella lettura ho capito che Maria è, anzi è stata, davvero una partigiana e che ha prestato servizio presso la 85ª Brigata Garibaldi “Valgrande Martire”.
Sul web e nella dettagliata bibliografia, così come nelle note, ci sono tutti i riferimenti necessari per comprendere e approfondire. Sul web ci sono delle foto di Maria e Laurenti veramente bellissime.

Uno dei capitoli si intitola “Da che parte stare” e credo che l’autrice sia riuscita a restituire in maniera  profonda la crisi delle coscienze che colpiva chi per liberarsi dal nemico, i tedeschi, e dagli oppressori fascisti, era costretto a sparare. La guerra civile è di tutte le guerre la forma più insensata, quella che oltre le ferite, i morti, le atrocità si porta dietro anche la violenza verso i propri fratelli, conoscenti e concittadini. C’è stato un momento nel quale gli italiani hanno dovuto scegliere da che parte stare. I ribelli del nord contro il fascismo hanno scelto di essere partigiani ed è grazie a loro, alle loro battaglie, al loro coraggio che il nostro paese è stato liberato dai fascisti e da nazisti. Mentre le forze alleate risalivano la penisola, dalle montagne, da qualsiasi tipo di rifugio possibile, i partigiani sfiancavano e combattevano il nemico.

Maria è infermiera, Maria non spara, non vuol sparare ma la guerra non fa sconti a nessuno ed è grazie all’aiuto di Laurenti che riesce a fuggire da una ronda fascista dalla quale era stata riconosciuta. Sulla sua testa pendeva una taglia, come infermiera era considerata anche più preziosa di un capo partigiano. Lei era capace di curare e assistere i feriti e i malati, all’occorrenza anche di procedere a operazioni chirurgiche d’urgenza.
Vi sorprenderà la tempra di questa donna, il coraggio, la resistenza fisica che probabilmente neanche lei sapeva di avere, la capacità organizzativa. Un’infermeria su un alpeggio in assoluta emergenza che riesce a curare persone non è cosa da poco.

Non vi dico di più perché vorrei che leggeste il libro. Maria vi sorprenderà e l’amerete sin dalle prime righe. Ho avuto un debole per questa ragazza (nel 1944 aveva 30 anni ed era già considerata donna adulta) , in gran forma fisica ( che meraviglia finalmente una protagonista che non sia filiforme) che nonostante tutto sceglie la sua strada e cerca nel bene, nel male di percorrerla. Maturerà molto Maria, troverà l’amore e ce la farà ad andare avanti.
Vorrei tanto che la sua lezione di vita potesse arrivare a tutti coloro che non sanno o non vogliono sapere cosa sia stato il fascismo nel nostro paese. Vorrei che la scelta di Maria fosse d’esempio. Ancora oggi ci troviamo a combattere contro violenze che si ispirano al fascismo e ancora oggi dobbiamo, ahimè, continuare a fare la scelta di essere dall’altra parte, la parte della libertà e del rispetto di tutti.
Buona Lettura

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Progetto Invisibili 2021: C’ero anch’io su quel treno di Giovanni Rinaldi

La guerra. Quella vera. Quella che porta la morte, la fame, la disperazione. Quella che lascia annichiliti, annientati. La seconda guerra mondiale che ha devastato l’Europa è stato questo. E nonostante la nostra percezione sembri relegare questo evento lontano nella storia, i fatti risalgono a circa 70 anni fa. Tante persone che l’hanno vissuta sulla proprio pelle sono oggi nostri nonni e a saperli ascoltare avrebbero tanto da raccontare.

Giovanni Rinaldi l’ha fatto. Ha iniziato venti anni fa a porgere orecchio e attenzione alle persone, proprio in un tempo dove l’interesse di tutti iniziava a essere calamitato sugli schermi dei cellulari piuttosto che sulle facce della gente.

Con la tempra e il talento dello storico, ha riscostruito tassello dopo tassello la vicenda dei “treni della felicità” , un movimento sociale che ha percorso tutta la nostra penisola. Partito dall’idea di Teresa Noce a Milano e poi presa in prestito dalla donne dell’UDI, Unione Donne italiane, si diffonde in tutta Italia. I bambini delle zone più martoriate dalla guerra o dalla grave crisi economica e sociale che ne è derivata partono e sono ospitati da famiglie “accoglienti” che per qualche tempo riescono a dare loro un tetto caldo, da mangiare in maniera costante e anche istruzione dove possibile.

Il partito Comunista, anzi per dirla meglio, le DONNE del Partito si spesero in un’impresa che anche vista con gli occhi odierni ha del portento, vi lascio immaginare cosa sia potuto essere nell’immediato dopoguerra. Eppure ci sono riuscite e questa impresa ha dato una visione di futuro a migliaia di bambini che speranze ne avevano conosciute veramente poche. La smobilitazione del nostro paese è passata anche attraverso questa impresa e credo sia cosa non da poco.
Poi trascorsi pochi anni dal 1945 e con l’inizio di sembianze di normalità per l’Italia, dei “treni dei bambini” non si parlò più. La polvere iniziò a coprire i pudori di chi fu accolto e strappato dalla miseria e di coloro che accolsero con solidarietà e spirito di fratellanza. Il tempo fece il resto.

La caparbietà di Giovanni unita alla pazienza di tessere insieme notizie, testimonianze sparse, lavori e ricerche solitarie ha fatto sì che persone che avevano vissuto questa esperienza potessero ritrovarsi, ringraziarsi e ancora una volta abbracciarsi.

Le loro testimonianze sono parte della storia del nostro paese e nel libro troverete voci e racconti di vita emozionanti e teneri, feroci e intensi.

E’ da leggere il libro di Giovanni per tanti motivi, ma soprattutto perché apre una finestra su persone che fecero del bene ad altri semplicemente perché era giusto farlo e perché credevano in un ideale che sentivano parte fondante della loro vita che era quello della “comunità aperta che condivide tutto, dove ciascuno può essere e dare il meglio per il bene comune“.
E’ un’utopia?
Forse. Eppure leggendo il libro di Giovanni si comprende che tutto ciò, senza grande rumore, è già avvenuto.
E se è già successo, accadrà di nuovo e accade anche oggi. In silenzio migliaia di persone fanno del bene agli altri, ospitano, danno lavoro o semplicemente offrono sorrisi e ascolto. Solidarietà e unione tra persone non sono utopie, sono modi di essere.

Buona lettura, anzi buona immersione nella bella Italia che Giovanni Rinaldi ha saputo scoprire e descrivere. Un saggio, il suo, più bello e emozionante di un romanzo, la realtà più sorprendente di qualsiasi fiction.

Qui a questo link potete rivedere l’incontro con l’autore del 30 Settembre 2021. Non ve lo perdete, Giovanni è anche un grande conversatore.

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Libri: SENZA ADULTI di Gustavo Zagrebelsky

Oggi, in occidente, essere vecchi è una disgrazia.

Invecchiare è accettabile solo “se lo si fa bene”, cioè se il nostro aspetto si mantiene giovane.
Quindi vietato ingrassare, avere capelli bianchi, rughe e rotondità varie. Fare sport, camminare, viaggiare all’avventura, abiti sbarazzini. E per chi può permetterselo: sedute estetiche, anche chirurgiche, alimentazioni vegane, integratori all’avanguardia di vitamine e minerali di cui mai si è sentito parlare in precedenza. Oggi noi siamo questo e chi è non si adegua è semplicemente fuori contesto, fuori tempo.

Il saggio del Professor Gustavo Zagrebelsky esamina da un punto di vista sociologico questa tendenza occidentale (nel secondo, terzo e quarto mondo diventare vecchi è ancora un privilegio) e espone l’importanza di vivere ogni fase della vita nella pienezza del momento. Non si può essere sempre giovani per svariati motivi, non ultimo il fatto che è impossibile, se non un inganno, fisico e  inoltre la ricerca della felicità passa proprio attraverso l’accettazione piena di ogni momento del vivere.
Essere sempre giovani non è un vantaggio alla lunga. Non si può sempre essere alla ricerca di sè, alla ricerca di progetti da realizzare, di personalità da creare. Ad un certo punto è necessario tirare le somme e godere dei frutti di ciò che si è fatto, portando nella società anche la propria esperienza e allo stesso tempo lasciando spazio a chi è arrivato dopo. La felicità, la ricerca della felicità è nel percorrere ogni passo della vita e vivere appieno ciò che offre, ascoltando anche il nostro ritmo fisiologico.

Il capitolo del libro che più mi ha colpito è:

  • SEMPRE GIOVANI E IMPROVVISAMENTE VECCHI – 
    Guardiamoci attorno. Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, dall’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov’è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore?

Buona lettura

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Libri: La morale del centrino di Alberto Milazzo

Se avete una madre … questo libro è perfetto per voi.

Con questa premessa, il libro ha una platea di tot miliardi di persone. In realtà, il sottotitolo specifica che la mamma in questione deve essere siciliana, ma vi assicuro che qualsiasi tipo di madre va bene.

Ironico e serio, profondo e leggero allo stesso tempo, “La morale del centrino” affronta il tema dell’affrancamento dalla proprio genitrice e di tutte le strategie, lecite o meno, messe a punto dalle madri per far sì che il figlio ( e vale per tutti i figli ) resti in qualche modo ancorato alla sfera o bolla familiare entro la quale si nasce. Le mamme siciliane adottano la strategia dell’infelicità e Manon, la mamma della voce narrante, è la regina, anzi l’imperatrice, del metodo. E funziona. Benissimo.

La storia di questo giovane uomo che vuole essere accettato e amato per quello che è , che incredibilmente crede nella felicità mi ha commosso e fatto sbellicare dalle risate.

Non ho una mamma siciliana, ma ho una mamma e una suocera, sorelle madri, amiche madri di figli, di pelosi e di progetti e in ciascuna c’è un carattere di Manon. Per fortuna mia non tutti insieme in una persona.

Dal libro: … Siccome papà stava male, era consigliabile ceh io smettessi di essere gay. La sua salute precaria era più che sufficiente a soddisfare l’equazione secondo cui la felicità della famiglia è data dalle medie infelicità dei suoi singoli componenti. Sarebbe stato immorale e illogico gravare ulteriormente Manon con le mie scelte di vita. Finchè papà stava male , avrei fatto il favore di non essere sempre lo stesso. Cioè dovevo essere etero, almeno per la durata della sua malattia: si trattava di matematica spicciola, di economia domestica, di ragionerai di base.
Facile, no?

Buona lettura

p.s. Dal libro è stata tratta una pièce teatrale in tournée questo autunno.

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Libri: LA TERZA GEOGRAFIA di Carmine Valentino Mosesso

La poesia è scelta politica

Dopo aver letto le ultime poesie di Camine Valentino Mosesso mi è sopraggiunto questo pensiero.

In genere divoro i libri, anche quelli di poesie, li leggo d’un fiato, poi magari ci ritorno, mi soffermo nei punti che più mi sono piaciuti, riprendo le parti sulle quali devo riflettere. Con LA TERZA GEOGRAFIA è accaduto il contrario, mi sono presa del tempo e ho impiegato un paio di mesi per finirlo. Ho gustato ogni pagina, ho riflettuto insieme all’autore, ho risentito echi di vita che pensavo non albergassero più in me.

MI SONO RITROVATA.

La scelta dell’autore è ammirevole, Carmine è un ragazzo di 27 anni che ha deciso di ritornare al paese d’origine, nell’Alto Molise, e dedicarsi alla sua fattoria ritrovando un contatto con la natura essenziale e necessario. Scrive le sue poesie mentre pascola il gregge e mette insieme antico e moderno in una manciate di parole.

La sua scelta è lontana, non potrebbe essere la mia, eppure le sue poesie mi hanno colpito profondamente e sembrano scritte apposta per gente come me, gente di città.
Anzi, a dirla tutta, forse ne abbiamo bisogno più noi che coloro che il contatto con la natura non l’hanno mai perso.

Carmine Mosesso ha scritto questo libro per tutti coloro che vorranno leggerlo e che hanno bisogno di ritrovare un collegamento all’intima essenza della quale siamo fatti. La scelta “politica” è avere il coraggio di scegliere, di rinunciare anche e non dimenticare mai che siamo figli della Terra così come tutte le altre creature che la abitano che hanno diritti uguali ai nostri.

Buona lettura e Buona riflessione

La terza geografia

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Progetto Invisibili 2021: IL COLORE DEL NOME di Vittorio Longhi

 … al nome non puoi sfuggire, è inciso come un marchio a fuoco sulla pelle, un segno che non hai scelto e che forse neanche vorresti.

“Il Colore del nome” (2021, edizioni Solferino) di Vittorio Longhi è insieme una storia privata e pubblica. L’autore, attraverso la ricerca delle proprie radici, ci racconta le tappe della “dimenticata” storia coloniale italiana, del razzismo di ieri e di oggi e di identità negate.

In Eritrea, ex colonia italiana, oggi vivono i discedenti nati dalle unioni di italiani con giovani donne eritree. Persone che sentono forti le radici italiani e che vorrebbero veder riconosciuta compiutamente la loro idendità con la cittadinanza italiana. Purtroppo non potendo provare la discedenza italiana, così come prevede la legge attuale, non ne hanno diritto e , nonostante reiterate richieste alle autorità italiane, al momento, non hanno ancora trovato ascolto. Vittorio Longhi con il suo libro offre loro una voce ed è necessario ascoltarla. Quel pezzo di storia italiana non è un passato glorioso di cui fregiarsi, sia chiaro, e la “dimenticanza” nel quale è avvolto non è un caso. Con la fine del fascismo che travolse l’Italia lasciando un paese distrutto e devastato, era necessario tagliare quanto più possibile i ponti e soprattutto le “colpe” del passato per poter trovare, in una sorta di nemesi collettiva  al contrario, la strada per la ricostruzione e la pacificazione del paese. Quindi tutto ciò che appartiene alle colonie, anche le persone, vengono avvolte da una nebbia che ancora le avvolge.
Eppure oggi più che mai, nel nostro paese, abbiamo bisogno di riconciliarci con quel momento storico, abbiamo bisogno finalmente di riconoscere colpe e responsabilità, e sopratutto cercare il modo, un modo, per poter andare avanti con la storia avendo consapevolezza di quanto accaduto e di come questo abbia influenzato quello che oggi avviene attraverso le migrazioni che solcano il Mediterraneo.

Questo libro illumina un pezzo di strada che dobbiamo percorrere. Quel razzismo istituzionale nel quale viviamo e che ci coinvolge, è qualcosa di cui dobbiamo liberarci. E’ necessario “decolonizzare il discorso politico verso i sud del mondo” cito letteralmente l’autore e per poter affrontare questo muro che abbiamo eretto e riuscire a pensare ad un futuro che tenga conto di tutte e di tutti.

Ma è anche altro. E’ anche la storia di donne forti che attravesano confini, non solo geografici, e che riescono con la forza e l’eroismo quotidiano a dare futuro.
E’ un libro femminista scritto da un uomo, cosa non semplice e che non avviene sovente. Inoltre, non ultimo, è anche un racconto d’amore e di passione. Proprio per questo può essere letto sia come un romanzo, sia come un saggio, ma comunque qualsiasi opzione si scelga è un libro che merita di essere letto.

E’ un viaggio che dobbiamo percorrere per capire che paese è stato ed è oggi l’Italia e cosa vuole e può diventare.

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Libri: LUOGHI COMUNI di Francesca Tamani

Avvertenze ai lettori: LASCIATEVI CONTAGIARE.

Quando ho letto questa frase nel libro di Francesca Tamani mi sono sentita sollevata. Era da tanto che non leggevo  la parola contagiare utilizzata in un’accezione positiva. Da qualche tempo a questa parte il contagio ha ben altre cartteristiche che dominano nella quotidianetà e forse per questo ho iniziato a leggerlo subito e ho divorato le 10 storie che lo compongono.

Storie di donne, di rinascita, di vie d’uscita, talvolta amare, ma che sfatano tutte i nostri “luoghi comuni”, quei modi di intendere la vita che possono trasformarsi in prigione, seppur comoda, seppur trasparente, ma prigione.

Le donne che corrono attraverso le storie sono “donne comuni”, i sentimenti, le ansie, le fatiche sono comuni eppure ciascuna ha una scintilla di straordinarietà. Francesca Tamani con occhio attento è riuscita a trovare quella luce che illumina ogni persona e ce l’ha restituita su carta, accompagnando le parole con aforismi e citazioni dei grandi romanzi della letteratura.

Una lettura leggera eppure allo stesso tempo profonda che ci aiuta a traghettare questo complicato periodo della nostra storia.

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